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POTENZA – La pace nel venosino e soprattutto nel Vulture, dove i clan in lotta per anni avrebbero deciso di «gestire congiuntamente alcune attività illecite, tra le quali quelle connesse al traffico di stupefacenti». Mentre nel metapontino: «le mire espansioniste dei Mitidieri-Lopatriello, rinvigoriti dall’indebolimento degli Schettino, sarebbero (…) frenate dai reduci dello storico clan Scarcia (che, nel tempo, erano divenuti satelliti degli Schettino) anch’essi interessati a recuperare potere». E a Potenza «l’esponente di vertice del clan Stefanutti (…) contende una posizione paritaria» all’«elemento apicale della famiglia Martorano», scarcerato da poco più di un anno.

È quanto evidenziano gli investigatori della Direzione investigativa antimafia nella loro relazione semestrale al Parlamento sulle attività di contrasto al crimine organizzato.

A livello nazionale l’Antimafia evidenzia come ad oggi ci siano 51 enti locali sciolti per infiltrazioni mafiose, un numero che non è mai stato così alto dal 1991, anno di introduzione della normativa sullo scioglimento per mafia degli enti locali.

Nel 2019 infatti, dice la Direzione investigativa antimafia, sono stati sciolti 20 consigli comunali e 2 Aziende sanitarie provinciali, che si sono aggiungi alle 29 amministrazioni ancora in fase di commissariamento: 25 in Calabria, 12 in Sicilia, 8 in Puglia, 5 in Campania e dopo quasi un trentennio uno anche in Basilicata, il Conune di Scanzano Jonico.

Nel capitolo dedicato al crimine in terra lucana gli investigatori parlano di «segnali di presenza nella Regione di tutte le organizzazioni mafiose italiane, compresa Cosa nostra».

In questo senso citano il sequestro, effettuato nel potentino, di due impianti eolici, riconducibili a «un soggetto contiguo al clan Rinzivillo di Gela, articolazione nissena di Cosa nostra».

Poi passano a esaminare la situazione sul territorio col capoluogo dove «permane l’operatività del clan Martorano -Stefanutti», ma Dorino Stefanutti, «la cui ascesa consegue all’omicidio di un altro esponente di rilievo del clan, commesso il 29 aprile 2013 per contrasti insorti nella gestione del settore del gioco d’azzardo e delle scommesse on-line, così come confermato, tra l’altro, dalle propalazioni del testimone di giustizia, figlio dello stesso boss», avrebbe ormai assunto «un ruolo di direzione del sodalizio e delle connesse attività illecite esercitate sul territorio».

A Pignola: «il clan Riviezzi, nonostante la parziale disarticolazione subita a seguito dell’inchiesta “Impero 2017” (conclusa nel 2018), continua ad operare nella zona di Pignola e Potenza e, rinvigorito anche dalla scarcerazione del figlio del capo clan, si ritiene abbia assunto un ruolo centrale nelle dinamiche criminali potentine, confermando un’innata capacità di proselitismo e reclutamento».

Nell’area del Vulture-Melfese, invece, secondo gli investigatori esiste uno scenario criminale «frammentario e caratterizzato dalla presenza, accanto alle storiche formazioni criminali (rappresentate, allo stato attuale, per lo più dagli eredi dei rispettivi elementi apicali), di nuovi gruppi protesi ad affermarsi sul territorio e ad acquisire maggiore autonomia operativa».

«In tale contesto – prosegue l’Antimafia – sembra che, dopo anni di sanguinosa faida, vadano consolidandosi i rapporti di collaborazione tra qualche elemento dei clan Cassotta e Di Muro-Delli Gatti, al fine di gestire congiuntamente alcune attività illecite, tra le quali quelle connesse al traffico di stupefacenti».

«Nei comprensori di Rionero in Vulture – insistono gli investigatori – si conferma, in particolare, l’operatività del gruppo Barbetta, mentre in quello di Venosa, del gruppo Martucci, entrambi prevalentemente dediti al settore degli stupefacenti. Non si esclude, peraltro, che i citati clan mettano in atto una comune strategia per sottoporre ad estorsione le attività economiche, commerciali e imprenditoriali presenti sul territorio. Si ritiene, infatti, che almeno una parte dei numerosi episodi di danneggiamento, incendio e di intimidazione/minaccia, denunziati nel corso del 2019, possano in qualche maniera ricondursi proprio alla strategia intimidatoria messa in atto dai clan Barbetta e Martucci».

Infine il materano, che «appare, al momento, l’area potenzialmente più esposta a nuovi fermenti, poiché, dopo lo scompaginamento dei clan e dei gruppi criminali più operativi della fascia Jonico-metapontina, sembrano in atto tentativi di scalata da parte di alcune figure che, per i legami con gli storici sodalizi locali o comunque forti di un personale carisma criminale, hanno intrapreso azioni mirate a colmare il vuoto di potere e a conquistare il controllo delle attività illecite sul territorio».

La Dia cita, in particolare, «il duplice tentato omicidio perpetrato, il 10 ottobre 2019, da un soggetto vicino al clan Scarcia ai danni dell’elemento apicale del clan Mitidieri e di un altro pregiudicato contiguo a quest’ultimo gruppo».

«I mutamenti negli assetti criminali locali potrebbero, infatti -concludono gli investigatori, aver indotto il capoclan Mitidieri a recuperare il controllo del racket sul territorio e l’evento, nello specifico, potrebbe rappresentare la violenta reazione a un tentativo di estorsione messo in atto in danno di un esercizio commerciale riconducibile, per i rapporti familiari dei titolari, al clan Scarcia».

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