X
<
>

Le due vittime lucane nella strage di Calenzano

Share
3 minuti per la lettura

Nove indagati con varie accuse per la strage di Calenzano, c’è anche il tecnico lucano rimasto ferito in modo grave. La procura usa toni forti: la tragedia si poteva evitare, qualcuno ha tentato di ostacolare le indagini


Sono nove gli iscritti sul registro degli indagati dalla procura di Prato in ordine all’esplosione del 9 dicembre scorso nel deposito Eni di Calenzano, nel Fiorentino, costata la vita a cinque persone, di cui due lucane. Si tratta di sette responsabili di Eni e e due dell’impresa appaltatrice Sergen. I feriti furono 27, (di uno lucano), molti dei quali gravi. Le accuse sono, a vario titolo, di omicidio plurimo colposo, disastro colposo, lesioni plurime colpose.

«Un errore inescusabile»

La strage per gli inquirenti poteva essere evitata: gli errori di Eni nella pianificazione della manutenzione realizzazione di una nuova linea per il biocarburante Hvo non ammettono scuse. Sono parole dure come pietre quelle pronunciate dal procuratore di Prato Luca Tescaroli nel rendere noti i nove avvisi di garanzia a manager di Eni e Sergen e un altro avviso a Eni spa. Le esplosioni che hanno causato la strage sono state «evento prevedibile ed evitabile» in base alle indagini, ha detto Tescaroli parlando di un «errore grave e inescusabile». Nell’ambito delle indagini sarebbe emerso anche un tentativo di inquinare le indagini. A fine gennaio 2025, in una perquisizione a un manager Eni, è emersa una cartella di file che avrebbe potuto ostacolare le indagini sulle cause dell’esplosione.

Nella cartella – si tratta di documenti e appunti che compaiono per la prima volta il 27 gennaio – risulterebbe la richiesta di Eni a Sergen di rimuovere due valvole. Ma «tale documentazione – ha spiegato Tescaroli – non avrebbe dovuto esserci a valle», oltre un mese dopo. L’ipotesi degli investigatori è che sarebbero stati inseriti alcuni documenti prodotti dopo il disastro. Una tesi smentita da Eni, che risulta però indagata per la legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società, per carenze rispetto alla sicurezza sul lavoro. Secondo la tesi della procura Eni era priva di un modello organizzativo che potesse evitare il disastro.

È segno di «carenza di pianificazione tecnica», ha spiegato Tescaroli, far eseguire lavori per una nuova linea di carico di biocarburante “Hvo” mentre continuava il viavai di autobotti a prendere carburante. Per la procura i reati ipotizzati a carico dei nove indagati furono commessi da manager e dirigenti di Eni «nell’interesse e a vantaggio dell’azienda». Secondo una stima degli inquirenti se Eni il 9 dicembre avesse fermato i camion mentre Sergen lavorava alla manutenzione avrebbe perso circa 255.000 euro. Gli stessi reati da parte dei manager di Sergen sarebbero stati fatti nelle attività di manutenzione e allestimento della nuova linea per l’Hvo.

Chi sono gli indagati per la strage di Calenzano

Gli indagati Eni sono Patrizia Boschetti, datore di lavoro responsabile della gestione operativa depositi Centro Eni, Luigi Collurà, responsabile del deposito Eni di Calenzano, Carlo di Perna, responsabile manutenzioni depositi Eni, Marco Bini e Elio Ferrara, tecnici al deposito di Calenzano, Emanuela Proietti, responsabile del servizio di prevenzione Eni, Enrico Cerbino, responsabile di progetto esterno Eni. Della Sergen sono indagati Francesco Cirone, datore di lavoro dei due operai morti, e Luigi Murno, preposto della società con sede a Viggiano.

La ricostruzione

La procura ha inoltre ricostruito la sequenza dei fatti che ha causato la tragedia. Tutto ha inizio alle 10,21 minuti e 51 secondi del mattino con il primo scoppio; un decimo di secondo dopo la seconda esplosione, la più forte, a tal punto che ha deformato due pilastri di acciaio. Quindi si sono incendiate le autobotti nelle corsie di carico, e circa due minuti dopo una telecamera ha ripreso un terzo scoppio. La quarta esplosione – dopo sei minuti – è di un camion-cisterna. . Per le vittime probabilmente non c’era già più niente da fare.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE