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Vito Bardi

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Regione Basilicata, tutti i tamponi del presidente Bardi

POTENZA – «Il presidente della Regione Basilicata, Bardi Vito, il giorno 13 marzo 2020 si è fatto consegnare un kit per eseguire un tampone nella città di Napoli dove egli vive con la propria famiglia».

Inizia così uno dei capitoli più scottanti dell’inchiesta sui tamponi “vip” della sezione pubblica amministrazione della squadra mobile di Potenza sulla “mala politica lucana”, la stessa per cui la procura di Potenza ha iscritto sul registro degli indagati il governatore Bardi, l’ex direttore generale del dipartimento Salute, Ernesto Esposito, l’attuale direttore generale facente funzioni dell’Asp, Luigi D’Angola, gli assessori regionali Francesco Fanelli e Donatella Merra (Lega) e l’ex assessore e neo-senatore Gianni Rosa (FdI). Più il segretario particolare del governatore, Antonio Maiorano, un collaboratore di Esposito, Rocco Mario Ciorciaro, l’ex capo di gabinetto della Regione, Fabrizio Grauso, l’ex direttore generale del Dipartimento infrastrutture Alberto Caivano, il responsabile dell’ufficio legislativo della presidenza della giunta Antonio Ferrara, l’ex capo della segreteria di Bardi, Mario Araneo, due conoscenti di quest’ultimo, Mariangela D’Andrea e Donata Girardi, e il capo della task force coronavirus della Regione, Michele Labianca.

A febbraio e a giugno il governatore era già intervenuto sulle notizie pubblicate dal Quotidiano del Sud a proposito dell’inchiesta sulla morte per covid 19, a marzo 2020, del blogger potentino Antonio Nicastro. Inchiesta che ha svelato l’esistenza – in quelle terribili prime settimane della pandemia nelle quali la capacità di analisi non superava la trentina di tamponi al giorno – di una corsia privilegiata per l’accesso ai pochi test diagnostici all’epoca disponibili, a scapito di Nicastro e altri, che avrebbero atteso di essere sottoposti all’esame, e alle migliori cure disponibili per contrastare la malattia.

Il nome di Bardi, infatti, compariva tra i 34 “vip” che hanno scavalcato Nicastro nella lista d’attesa per un tampone, benché «dalla lettura delle richieste di analisi dei tamponi in loro favore» non emergessero «né criteri epidemiologici né clinici per cui si rendesse necessario sottoporre a tampone tali persone, e nemmeno criteri di priorità assegnati in ragione delle loro funzioni». Replicando a quanto emerso, quindi, il governatore aveva collegato i tamponi ai quali era stato sottoposto alla sua presenza a una riunione negli uffici della prefettura di Potenza, a cui aveva partecipato anche all’allora Prefetto di Matera, subito dopo risultato positivo al covid 19. Quindi ai contatti con altre due persone positive.

«Mi preme ricordare che ho ricevuto il mio vaccino previa prenotazione in piattaforma, come tutti i lucani – aveva aggiunto Bardi – non sono stati nemmeno “sottratti” tamponi ai cittadini, data la notevole disponibilità e considerando anche che all’epoca il laboratorio del San Carlo processava meno tamponi rispetto alle sue capacità». Quanto emerge dagli atti dell’inchiesta appena secretati, invece, parrebbe raccontare una storia almeno in parte diversa. Perché oltre ai tamponi somministrati al governatore ve ne sarebbe stato almeno un altro arrivato con lui a Potenza, domenica 15 marzo.

«Esposito – si legge nell’annotazione degli investigatori che ascoltavano le telefonate del dg – contatta il dottor D’Angola al fine di portare con sé una borsa piena di ghiaccio per inserire dentro la provetta per eseguire il test».

«Ue giusto per dirti – si legge nella trascrizione delle parole di Esposito – all’una arriva il presidente eh! (…) Arriva il presidente con quel campione ti ricordi? (…) Tu hai una borsa termica con del ghiaccio? (…) Me la puoi portare, me la lasci, poi oggi pomeriggio quando vuoi passi da me e la porti in laboratorio». In seguito, all’arrivo in via Verrastro sia di Bardi che di D’Angola, gli agenti hanno annotato che Esposito avrebbe annunciato il passaggio suo e dell’allora direttore sanitario dell’Asp nell’ufficio del governatore. Con tanto di raccomandazione del governatore a fare «attenzione» a «evitare», non si capisce per quali motivi, il giornalista Gianluigi Laguardia. Per questo i due convengono che la cosa migliore sia prendere l’auto ed entrare con quella «da sotto», salendo dai garage sotto il palazzo della giunta regionale, nonostante la distanza tra questo e l’ufficio di Esposito non superi i 100 metri.

«Il processamento del tampone “partenopeo” del presidente Bardi – prosegue l’informativa degli investigatori – è stato effettuato alle ore 20:00 e non alle ore 16:30 come previsto». Di qui un’altra serie di conversazioni intercettate, nelle quali, a un certo punto, Esposito e D’Angola ironizzano sulla priorità comunque concessa ai tamponi “presidenziali”, ed essendo «ben a conoscenza che non si tratta di casi urgenti, terminano la conversazione ridendo». Il capitolo sul «tampone partenopeo» dell’informativa degli agenti della Squadra mobile si conclude con l’annotazione che «il presidente Bardi dopo aver ricevuto l’esito dei test eseguiti (nei suoi confronti, di quello del suo autista e di un suo familiare/conoscente) dà indicazioni al dg di farsi anche lui un esame («fa intanto fatti pure il tampone»). Invito che sarebbe stato immediatamente raccolto da Esposito rassicurando il governatore che aveva già preso accordi con D’Angola per il giorno successivo.

Il governatore è stato intercettato in un’altra occasione, il 27 marzo, al telefono col direttore generale del dipartimento Salute, al quale avrebbe chiesto di sottoporre al test «nuovamente», come evidenziato dagli investigatori, il suo segretario Maiorano, che in quei giorni sarebbe dovuto tornare dalla sua famiglia.

«Senti ma io come devo fare con Antonio che ha detto che si vuole fare il tampone (…) e perché dice quello va a casa ora». Queste le parole di Bardi a Esposito, che dopo un iniziale stupore («si vuole fare un’altra volta il tampone?) avrebbe «sorriso» e acconsentito alla richiesta («e allora domani mattina gli facciamo il tampone e ma lo saprà domani sera poi»). Il tono delle conversazioni tra i due, però, cambia in maniera drastica il 30 marzo, all’indomani della morte dell’imprenditore potentino Palmiro Parisi, che nelle settimane precedenti aveva denunciato a sua volta, come Nicastro, di aver atteso inutilmente per giorni l’agognato tampone, e le cure più adeguate alla sua situazione. Un po’ come la settimana precedente, quando Bardi avrebbe chiesto al dg di «blindare la notizia del processamento dei loro tamponi».

Dopo l’allarme lanciato dall’allora capo ufficio stampa, Massimo Calenda, sulle domande “indiscrete” avanzate da qualche giornalista, che avrebbero richiesto spiegazioni – impossibili da dare – sul possesso o meno dei requisiti previsti dai protocolli per la somministrazione dei pochi tamponi disponibili. Vale a dire il contatto epidemiologico e la sintomaticità.

«Presidente – queste le parole di Esposito al governatore – io quello che suggerirei come strategia di comunicazione… (…) che è secondo me è fondamentale, è che i politici, i funzionari, tutti, a partire dal prefetto a finire al sindaco, non devono entrare più nella gestione del tampone! La gestione del tampone è una discrezionalità medica! (…) E’ il medico! Ma questo non emerge! Perché quando ogni sindaco continua a dire “non si fanno i tamponi, è stato fatto in ritardo il tampone!”, noi non dobbiamo esprimere un giudizio in merito a quando si fa o a non quando si fa il tampone, questa è una decisione medica… (…) …è il medico che decide come, quando e a chi fare il tampone! Noi ci siamo… (…) …è la gestione politica del tampone per il consenso elettorale del sindaco x che va trovando che vengano fatti alle persone che dice lui e non alle persone che vuole fare il medico … (…) …perché? Perché la gestione del tampone significa anche consenso Presidente! … (…) …perché questi vogliono fare i test rapidi? Perché è una questione di consenso».

Il 2 aprile, poi, muore anche Nicastro. Al che, quando 2 giorni dopo il governatore avrebbe chiesto a Esposito «come regolarsi per fare eseguire un tampone ad un suo familiare», il dg lo avrebbe stoppato, spiegandogli che, «per il momento, non pensa sia il caso di far sottoporre la persona al tampone».

«Io stavo pensando a quella questione che ti avevo detto ieri del tampone, però non lo so! (…) Io stasera volevo andare e poi tornare (…) Perché se fosse una cosa così uno dovrebbe… mica riesci a fare tà-tà». Questa la richiesta di Bardi, a cui il dg avrebbe risposto perentorio: «No, ora no». Per poi sentirsi dire dal governatore che ne avrebbero riparlato, «quando ci vediamo».

Gli agenti della Squadra mobile hanno annotato un’altra richiesta di tamponi per sé, per Bardi e per il suo segretario, Maiorano, avanzata da Esposito a D’Angola, e da questa accolta, il 10 aprile («Luigi ti volevo chiedere una cosa, domani mattina… (…) Noi torniamo a Napoli… (…) Domani mattina io, il generale e Antonio torniamo a Napoli… (…) Potremmo fare un tampone? Domani mattina stesso e li portiamo però al San Carlo così li fanno velocemente al San Carlo?»).

L’informativa prosegue con un’ultima annotazione sul fatto che «anche il Presidente Bardi si spende per far eseguire dei tamponi a persone che si erano allo stesso rivolti», e la trascrizione di un’intercettazione in cui perora con Esposito la situazione di un «amministrativo» di una non meglio precisata «società». «Senti ti ho mandato i nomi suoi e quelli della moglie però mi ha detto Antonio che li fanno domani mattina i tamponi… (…) …e l’unica cosa che glieli dobbiamo far processare subito perché questo è importante per sapere perché… (…) …il marito è, è un coso è, un amministrativo della società capito?»

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