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POTENZA – Il governatore Vito Bardi respinge l’accusa di essersi accaparrato, assieme ad altri, i pochi tamponi diagnostici per il covid 19 disponibili nelle prime settimane dell’emergenza sanitaria. Sostenendo, tra l’altro, che ve ne fosse una «notevole disponibilità».

Mentre il consigliere regionale leghista, Giovanni Vizziello, smentisce il fatto in sé, negando di essersi mai sottoposto al tampone, e annunciando l’intenzione di chiedere ai pm un interrogatorio per chiarire la sua posizione.

Ha suscitato un certo scalpore, e non poteva essere altrimenti, la notizia pubblicata nell’edizione di ieri del Quotidiano del Sud, sull’iscrizione sul registro degli indagati di Bardi, Vizziello e una decina di altre persone, tra cui 2 assessori regionali in carica, i leghisti Francesco Fanelli e Donatella, più un ex assessore come Gianni Rosa (FdI), per un’ipotesi di peculato nell’ambito degli accertamenti dei pm di Potenza sui cosiddetti tamponi “vip”.

Vale a dire un presunto accesso privilegiato ai test diagnostici per il covid 19 agli inizi di marzo del 2020, a scapito di diversi cittadini rimasti in attesa per giorni e giorni. Attesa che in qualche caso avrebbe allungato oltremodo i tempi per la somministrazione ai cittadini in questione di cure più adeguate per la malattia. Per quanto all’epoca si sapesse poco o nulla di quel virus arrivato dalla Cina.

«Come ho avuto già modo di dire in occasione di una fuga di notizie di qualche mese fa – ha spiegato Bardi in una nota diffusa ieri mattina – , agli inizi di marzo 2020 ho partecipato a una riunione istituzionale presso la prefettura di Potenza insieme all’allora Prefetto di Matera, che risultò poi immediatamente positivo. Come da prassi, tutti i partecipanti dell’epoca sono stati sottoposti a tampone, per limitare l’eventuale diffusione del contagio. Alla riunione erano presenti i rappresentati delle Asl, del dipartimento Salute, delle forze dell’ordine e altri ancora. Tutti sono stati sottoposti a controllo, non certo perché “Vip”: era un obbligo, cui nessuno poteva sottrarsi. In due date successive, sono entrato in contatto con due persone positive e per tale motivo sono stato sottoposto a tampone, come previsto per tutti i cittadini. E mi preme ricordare che ho ricevuto il mio vaccino previa prenotazione in piattaforma, come tutti i lucani. E’ tutto agli atti. Tutto trasparente. E’ il mio modo di intendere il servizio alle istituzioni».

Il governatore ha voluto evidenziare, poi: «che i tamponi, dato l’elemento emergenziale, sono stati effettuati personalmente dal direttore sanitario dell’Asp, che ringrazio, non sottraendo in tal modo personale sanitario alla normale attività in favore dei cittadini. Non sono stati nemmeno “sottratti” tamponi ai cittadini, data la notevole disponibilità e considerando anche che all’epoca il laboratorio del San Carlo processava meno tamponi rispetto alle sue capacità».
Bardi, infine, ha voluto ribadire la «totale fiducia nella magistratura e la completa disponibilità nei confronti degli inquirenti per fare chiarezza su una vicenda che mi addolora molto e che riguarda un periodo – la pandemia – che ha segnato profondamente la mia vita, dato il mio impegno diretto e le mie enormi responsabilità dinanzi a un evento imprevisto e imprevedibile, nei confronti del quale ho investito tutte le mie energie unicamente per proteggere i lucani».

Ancora più perentoria, se possibile, la replica di Vizziello, che al Quotidiano ha spiegato di non essersi mai sottoposto ad alcun tampone diagnostico sebbene a fine febbraio 2020 avesse partecipato a due distinti incontri col deputato Edmondo Cirielli, dirigente nazionale di Fratelli d’Italia, che qualche giorno dopo la sua incursione in terra lucana sarebbe risultato positivo al covid 19. Una notizia, quella della positività di Cirielli, venuta alla luce il 12 marzo, suscitando un clamore tale per cui il giorno dopo risultano essere stati sottoposti a tampone non solo due assessori regionali che avevano incontrato il deputato, Rosa e Fanelli, ma anche Bardi, Merra e diversi collaboratori del governatore e dell’ex assessore meloniano.

Nei prossimi mesi, quindi, toccherà al pm titolare dell’inchiesta, Vincenzo Montemurro, discernere tra le posizioni dei vari indagati, avviando verso l’archiviazione quelle di chi potrebbe essere finito sotto inchiesta soltanto perché il suo nome è stato menzionato durante una conversazione intercettata dagli investigatori.

Non per niente è stata già chiesta e ottenuta una proroga delle indagini per altri sei mesi. Inoltre nel medesimo fascicolo, nato nel 2019 per verificare l’esistenza di un presunto sistema di «collusioni fra pubbliche amministrazioni, professionisti e imprenditori», assieme all’ipotesi di peculato iscritta a carico di Bardi, Vizziello e gli altri per i tamponi, compaiono una serie di iscrizioni ulteriori per reati ancora più gravi. Iscrizioni che ben potrebbero aver giustificato l’avvio di intercettazioni telefoniche e ambientali all’interno degli uffici regionali.

Tra queste, nell’avviso di proroga delle indagini in corso di notifica da qualche giorno a una ventina, si legge di un’ipotesi di corruzione e un’altra di concussione a carico dell’ex capo della segreteria del governatore, Mario Araneo. La prima, in concorso con Angelo Rosella, imprenditore valdagrino attivo in tutta la provincia di Potenza nel settore della sanità privata, nonché ex segretario regionale dell’Italia dei valori. Mentre la seconda, tentata, in concorso con l’ex capo ufficio stampa della Regione, e attuale direttore editoriale del quotidiano La Nuova del Sud, Donato Pace.

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