L’università di Salerno
3 minuti per la letturaPOTENZA – Ci sono anche 9 lucani tra i 44 indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta compravendita di esami e carriere universitarie nell’ateneo di Salerno. Incluso un ex studente d’eccezione come Lucio Libonati, a sua volta docente universitario a contratto di scienze politiche per la Link Campus University di Roma.
E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta dei pm salernitani che mercoledì ha portato agli arresti domiciliari due funzionari: Carmine Leo e Carmine Cioffi.
Assieme a Lucio Libonati, del 1968, sono indagati anche i fratelli Ernestina (1963), e Sergio Pasquale (1971). Poi ci sono i fratelli Serena e Simone Caputo (lei del 1984 e lui del 1988). Tutti di Viggianello. Poi ancora: Antonella Domenica Conte di Marsicovetere (1984); Anna Maria Maio di Castelluccio Inferiore (1955); il lauriota Giacomo Palladino, del 1964, e la moglie marateota Giuseppina Pezzullo (1971).
Per i pm salernitani avrebbero istigato il funzionario Leo all’accesso abusivo al sistema informatico dell’ateneo e alla manomissione dei registri con la loro carriera universitaria.
Nei confronti di Conte e Palladino, inoltre, gli inquirenti ipotizzano anche il reato di concorso in induzione indebita a dare o promettere utilità, in quanto avrebbero raccolto l’invito di Leo a ricompensare i suoi buoni uffici.
Nel caso di Conte, tuttavia, il gip ha già evidenziato l’assenza di gravi indizi di colpevolezza per questa ulteriore contestazione centrata su una presunta mazzetta del valore imprecisato. Mentre nel caso di Palladino non solo i gravi indizi ci sarebbero ma appare anche più chiara l’entità minima delle gratificazioni riconosciute per certificare il superamento, mai avvenuto, di 21 esami del corso di laurea in giurisprudenza e la prova finale del corso di laurea stesso. Gli investigatori, infatti, hanno esaminato i prelievi di denaro contante che Palladino ha effettuato dai bancomat nei paraggi dell’università, a Fisciano, «o non lontano dall’abitazione del Leo», che ammontano a 1.850 euro. Inoltre hanno annotato una serie di ricariche telefoniche che lo studente lauriota avrebbe pagato a favore dell’utenza telefonica cellulare in uso al funzionario e a sua figlia.
Nell’ordinanza di misure cautelari eseguita mercoledì il gip di Salerno, Maria Zambrano, parla di «un rapporto consolidato» tra Leo e alcuni dei lucani indagati, «legati poi da rapporti familiari o di maicizia con altri studenti “favoriti”». Quindi evidenzia che sono «tutti residenti in provincia di Potenza, a conferma che si tratti di un gruppo di persone legate da rapportin di amicizia e di frequentazione se non di parentela».
Quanto alla posizione di Libonati, già consigliere provinciale e candidato alle scorse regionali nella lista dei Verdi (a sostegno del candidato di centrosinistra Carlo Tretorola) il capo d’imputazione parla di una laurea – completamente inventata – in Scienze del governo e dell’amministrazione, per cui a giugno del 2014 sarebbero state stampate diverse certificazioni.
Nel corpo dell’ordinanza di misure cautelari, tuttavia, non vengono evidenziati particolari elementi di riscontro sull’accaduto, a parte il rapporto tra il fratello, Sergio Libonati, e Palladino.
«Non so veramente niente. Non mi è mai arrivato niente a casa: io mi sono laureato nel 2013 alla facoltà di Lettere e filosofia».
Così ha commentato la notizia, contattato dal Quotidiano, l’ex consigliere provinciale oltre che consigliere politico dell’ex deputato Pietro Folena, un tempo anche coordinatore nazionale dell’associazione “Uniti a sinistra”.
«La mia laurea è quella». Ha aggiunto Libonati. «Andrò in procura a chiedere che cosa mi viene contestato».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA