I carabinieri di Policoro abbattono la villetta di Schettino
3 minuti per la letturaSCANZANO JONICO – Il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Potenza, ha convalidato il sequestro di tutte le società amministrate da Franco Carlomagno, il 49enne imprenditore di Scanzano Jonico, ritenuto dalla Distrettuale antimafia un affiliato al clan Schettino-Porcelli. I provvedimenti sono stati eseguiti lo scorso 3 marzo, in occasione dell’arresto dell’uomo, dai carabinieri della Compagnia di Policoro. Il giudice ha nominato due professionisti come amministratori straordinari delle aziende, solo per garantire la continuità economica e fiscale, oltre che gli assetti occupazionali.
Sono stati dissequestrati anche alcuni conti corrente. L’amministrazione controllata, è finalizzata soprattutto ad analizzare i movimenti aziendali, gli estratti conto ed i contratti; in questo modo, si garantisce l’operatività delle aziende in totale legalità, secondo le normative vigenti e, soprattutto, nel rispetto della contribuzione fiscale in modo tale anche da non poter configurare concorrenza sleale nei confronti delle altre imprese. Proprio quello che, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto Carlomagno negli ultimi anni, forte dell’appoggio del clan che con l’intimidazione gli avrebbe consentito di controllare completamente il settore della ricettività turistica e dell’edilizia a Scanzano Jonico, e non solo.
Con Carlomagno, lo scorso 3 marzo è stato arrestato anche Carlo Fattorini, accusato a sua volta di affiliazione per aver fatto da prestanome e gestore di facciata delle attività aziendali del 49enne, per consentirgli di aggirare le norme antimafia, che avevano interdetto le imprese a lui intestate dalla white list per i lavori pubblici. Carlomagno è recluso nel carcere di Matera, dopo che il Gip del tribunale della città dei Sassi, pur non convalidando il fermo, ne ha ordinato la custodia cautelare.
Provvedimento, quest’ultimo, che nei prossimi giorni dovrà essere convalidato dal Gip distrettuale di Potenza, a cui appartiene la titolarità delle indagini. All’interrogatorio di garanzia, svoltosi nel tribunale di Matera, Carlomagno ha risposto a tutte le domande del magistrato, alla presenza dei suoi legali, i penalisti Emilio Nicola Buccico e Donatello Cimadomo.
Nel fascicolo d’indagine spicca la presunta intimidazione all’imprenditore rotondellese Rubolino, titolare dell’azienda di serramenti Cosmet a Scanzano Jonico. Tutto sarebbe avvenuto tre anni fa, quando Rubolino stava realizzando il nuovo opificio nella zona artigianale della cittadina, dove avrebbe base operativa il clan. Una mattina sul cantiere fu allestito un piccolo altarino, con tanto di lumini funebri; un chiaro segnale mafioso che “invitava” Rubolino a revocare l’appalto all’imprenditore Lezzi, per affidarlo a una società di Carlomagno. Così fu, perché Rubolino fu costretto a seguire le indicazioni del clan tanto da dover poi ingaggiare persino la società di vigilanza intestata a Gerardo Schettino, l’ex carabiniere che si ritiene essere il boss locale.
Secondo i suoi legali, che hanno annunciato ricorso al tribunale del Riesame contro la detenzione di Carlomagno, l’imprenditore avrebbe risposto a tutte le domande del Gip, fornendo le sue spiegazioni a questa ed altre contestazioni precise circa la sua condotta, che giustificherebbero l’affiliazione mafiosa. A conferma di quest’ultimo dato, ci sarebbe anche la grande confidenza di Carlomagno con Schettino, tanto da chiamarlo “cumpà” in alcune intercettazioni che si trovano agli atti dell’indagine.
Da qualche tempo ormai, non si registrano attentati ed intimidazioni; un segnale che forse la criminalità opera in modo più discreto e sottotraccia, oppure che i recenti colpi subìti, soprattutto sul fronte dello spaccio, hanno fatto da freno. L’impressione, mentre si attendono gli esiti di questa ennesima indagine della Dda, è che il colpo duro sia stato inferto, ma c’è ancora tanto da fare per eradicare totalmente il cancro dei clan dal martoriato Metapontino.
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