Giovanni Conte
3 minuti per la letturaPOTENZA – Rimosso dall’incarico di giudice onorario del Tribunale di Potenza per i ritardi accomulati nel deposito di qualche centinaio di sentenze in materia civile.
E’ quanto deciso nei giorni scorsi dal Consiglio superiore della magistratura nei confronti di Giovanni Conte, avvocato 62enne in servizio da quasi 18 anni tra gli scranni del palazzo di giustizia del capoluogo. E al contempo segretario comunale in diversi centri lucani come Calvello, Corleto, Filiano, Laurenzana, Rapolla e Viggiano.
Il provvedimento dell’organo di autogoverno della magistratura sarebbe ancora alla firma del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Non è escluso, quindi, che gli avvicendamenti al governo possano ritardare ancora l’emissione del relativo decreto. Ad ogni modo, per evitare l’insorgere di problemi di legittimazione nel prosieguo dell’attività giudiziaria, oltre che di opportunità, è già intervenuto un ulteriore provvedimento della presidenza del Tribunale di Potenza, attualmente in carico al facente funzioni Catello Marano. Una sospensione cautelare, per la precisione. Col risultato che già ieri mattina, sulla porta davanti l’aula al primo piano del palazzo di giustizia dove era previsto che Conte tenesse udienza, è comparso un cartello improvvisato con l’annuncio del rinvio di ufficio di tutte le cause.
Intuibili i disagi provocati, a partire dai testimoni già convocati, che in qualche caso hanno fatto un viaggio a vuoto dagli angoli più remoti della provincia. Mentre i procedimenti più datati rischiano di andare incontro a una definizione per prescrizione, che per reati come quelli di competenza di un giudice monocratico, quasi tutti perseguibili soltanto a querela di parte, equivale a un vero e proprio diniego di giustizia.
Contattato dal Quotidiano del Sud, Conte si è riservato di commentare in maniera più ampia la vicenda quando sarà noto l’esito del ricorso al Tar del Lazio che ha depositato proprio ieri mattina. Ricorso più istanza di sospensiva del provvedimento del Csm, in maniera di permettere al presidente del Tribunale di Potenza di tornare indietro sui suoi passi e restituirgli il suo ruolo.
«Ci sono diversi aspetti critici in questo provvedimento, che mi fanno ben sperare. Diciamo che ho quasi una certezza sull’esito positivo del ricorso». Queste le sue parole, a cui ha aggiunto un breve riferimento al merito delle contestazioni.
«Da anni c’è una legge delega al governo perché si introduca una gradazione delle sanzioni disciplinari per i magistrati onorari come c’è per i magistrati ordinari. E’ evidente, infatti, la forzatura per cui un rimprovero a un giudice onorario, anche minimo, debba a risolversi necessariamente con l’archiviazione o con la pena massima della revoca dell’incarico».
Niente da ridire, insomma, sull’oggetto della contestazione, che sarebbero i ritardi nel deposito delle sentenze. Anche se a suo avviso l’accaduto andrebbe correttamente inquadrato nei mesi successivi al suo passaggio dal civile al penale, quando la priorità è diventata la gestione di una montagna di fascicoli a cominciare da quelli a rischio prescrizione.
Un’ultima questione, invece, riguarderebbe il notevole lasso di tempo trascorso dall’audizione di Conte davanti alla commissione disciplinare del Csm, a maggio del 2019, e il deposito della decisione, arrivato nei giorni scorsi.
Un anno e mezzo di tempo in cui il Consiglio superiore della magistratura è stato travolto dallo scandalo per le trame svelate dall’inchiesta dei pm di Perugia sull’ex capo dell’Associazione nazionale magistrati ed ex consigliere dello stesso Csm, Luca Palamara. Come pure dalle critiche per i presunti eccessi di clemenza della sua sezione disciplinare, descritti in un recente libro inchiesta di un cronista del Giornale, Massimo Zurlo. Eccessi che alla luce dei recenti provvedimenti, forse, sarebbe meglio limitare alla vecchia sezione disciplinare del Csm.
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