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POTENZA – Per bloccare la copertura alle strutture verticali del Palasport di Lauria sarebbe stato utilizzato del semplice cemento, al posto degli ancoraggi “armati” che erano previsti dal progetto, e si supponevano realizzati dopo il collaudo della struttura.

Ruota attorno a questa constatazione l’inchiesta della procura di Lagonegro su quanto avvenuto la sera del 13 dicembre scorso nel centro valnocino, col distacco di un’ampia porzione del tetto del palazzetto dello sport, che si è sollevata in aria ed è precipitata su una palestra distante qualche decina di metri. Uccidendo una persona, la psicologa 28enne Giovanna Pastoressa, e ferendone in maniera grave altre 6.

Nei giorni scorsi i 9 indagati per omicidio, disastro e lesioni colpose (a cui andrebbe sommata l’accusa di falso rivolta a uno solo di loro) hanno ricevuto un nuovo avviso di garanzia con la comunicazione dell’avvio, questo lunedì, dell’incidente probatorio che era stato chiesto da diverse difese.

Al suo interno, però, sono stati formalizzati per la prima volta i capi d’imputazione provvisoria ipotizzati dal pm Rossella Maria Colella. Così è venuto alla luce quanto scoperto finora dagli inquirenti, che intendono capire come sia stato possibile che il vento, per quanto forte, sia riuscito a sollevare quella porzione della copertura del palazzetto, lunga circa 30 metri per 8 di larghezza, in pesante legno laminato e cemento, con tanto di pannelli fotovoltaici agganciati, proiettandola sulla palestra, distante qualche decina di metri. Lì dove sono precipitate le pesanti macerie travolgendo chi si stava allenando, come la 28enne Pastoressa.

Il pm contesta la predisposizione di un progetto «per la realizzazione della copertura dello stabile con struttura in legno lamellare tenendo conto esclusivamente dell’azione del vento dal basso verso l’alto, e omettendo di valutare l’azione del vento dal basso verso l’alto», come previsto da una disposizione ministeriale del 1996. Quindi denuncia la realizzazione della copertura «mediante sistemi di ancoraggio in solo conglomerato cementizio, laddove da progetto era prescritta la realizzazione di ancoraggi in conglomerato cementizio armato, dunque omettendo la posa delle armature metalliche». Condotte «negligenti e imperite», insomma, che avrebbero determinato il distacco di parte di quella copertura «e la successiva caduta della stessa sugli immobili adiacenti».

Giovanna Pastoressa

Gli inquirenti contestano al solo collaudatore del palazzetto, l’architetto Francesco Mitidieri di Latronico, anche di aver dato atto di «avere effettuato “in corso d’opera” l’esame generale dei lavori nonché “riscontri, accertamenti, verifiche, controlli, misurazioni e saggi”, quali siti dei sopralluoghi (“visite”)» indicati nel certificato di collaudo, perché all’interno dello stesso certificato avrebbe attestato «falsamente» anche «la conformità della copertura (…) al progetto con particolare riferimento alla realizzazione degli ancoraggi (…) in conglomerato cementizio armato, fatto contrario al vero essendo risultati i predetti ancoraggi realizzati in semplice conglomerato cementizio».

Oltre a Mitidieri sul registro degli indagati restano iscritti l’ex sindaco di Lauria, l’architetto Gaetano Mitidieri, (progettista strutturale), i responsabili comunali del cantiere Pasquale Alberti (attualmente in comando alla Regione Basilicata) e Francesco Cerbino (ora in pensione), l’ingegnere Attilio Grippo («progettista di fatto»), gli imprenditori cosentini Giacomo De Marco, della ditta esecutrice dei lavori di costruzione del palazzetto, e Antonio Fernando Garofalo, della ditta appaltatrice deputata al cemento armato, e Giovani Grazioli e Natale Albertani, progettista della copertura e legale rappresentante della Habitat Legno di Edolo, che è la ditta che l’ha realizzata.

L’incidente probatorio su una serie di aspetti tecnici dell’accaduto, inclusi «eventuali profili di criticità sul piano progettuale/costruttivo/manutentivo nelle diverse fasi», riprenderà martedì prossimo ed è previsto che prosegua fino al 9 novembre.

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Francesco Ridolfi

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