Andrea Lopiano
3 minuti per la letturaPOTENZA – Tornerà in Italia a farsi arrestare «lo sceicco» di Bernalda, Andrea Lopiano, 56enne indagato dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce per aver fatto parte di una presunta associazione a delinquere di base a Taranto e specializzata nel contrabbando di gasolio.
Lo ha annunciato lui al Quotidiano del Sud, che è riuscito a contattarlo nella sua dimora sull’isola di Tenerife, a largo dell’oceano Atlantico di fronte alle coste meridionali del Marocco.
Il nome di Lopiano compare tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita martedì mattina assieme a un’altra ordinanza del gip di Potenza, per un’inchiesta parallela centrata sui traffici di alcuni imprenditori del Vallo di Diano. Dal momento che si trova all’estero, tuttavia, le Fiamme gialle tarantine non avrebbero ancora avuto modo di eseguire il provvedimento né di notificarglielo.
«E’ una situazione assurda. Direi fantozziana». Si sfoga Lopiano, che per i pm tarantini avrebbe incassato qualcosa come 16mila euro per ogni milione di litri di gasolio contrabbandato dai suoi clienti.
«Io ho saputo quello che sta succedendo perché mi è stata mandata la fotografia dell’articolo uscito sul Quotidiano del Sud». Ha aggiunto il 56enne.
«Nessuno mi ha detto nulla. Ho fatto io delle chiamate, inutilmente, per avere istruzioni su cosa fare, se venire in Italia e come farlo. Alla fine mi hanno suggerito di far fare al mio avvocato e adesso sto organizzando con lui il mio ritorno».
Lopiano ribadisce con forza che è sua intenzione prendere quanto prima un aereo per affrontare le accuse che gli vengono mosse («assolutamente»). Nel merito delle stesse, però, preferisce non rispondere.
Vale a dire su quel «metodo Lopiano» di cui alcuni indagati parlano nelle intercettazioni, che prevedeva l’impiego di libretti e caselle di posta elettronica certificata intestati a una serie di aziende fallite o in via di fallimento. Un gioco di carte per acquistare e far sparire grossi quantitativi di gasolio agricolo, che d’un tratto rispuntava e veniva rivenduto come normale gasolio da autotrazione. Il tutto con guadagni fino a 13mila euro per autobotte, pari al valore delle imposte evase ogni 18mila litri di sostanza contrabbandata.
«Non ne so nulla». Sostiene il lucano, che su Linkedin, un social network dedicato al mondo del lavoro, il giorno del blitz ha postato un annuncio sulla vendita di un albergo con circa 120 stanze a «80 metri dal bagnasciuga» nella cittadina di Puerto de la Cruz, famosa per le sue enormi piscine di acqua salata realizzate sugli scogli di pietra nera tra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso.
«Io so soltanto quello che ho letto sul giornale». Insiste.
Tra gli elementi a sostegno delle accuse al broker di Bernalda, soprannominato «lo sceicco», ci sarebbe anche la sua voce intercettata mentre spiega i servizi offerti al cliente tarantino Cicala, considerato dai pm il boss dell’omonimo clan attivo nella città dei due mari.
«Sono aziende che hanno fatto dei bluff… 2… 3… 4 milioni (di euro, ndr) di bluff… e ormai se le devono togliere… e io le prendo da amici commercialisti… mi segui? Mi sono spiegato?» » Queste le parole registrate dalle microspie, a giugno del 2019. «Non c’è nessuno che dirà “no, come è successo.. no, questa fattura è merce che io non ti ho mai chiesto”».
Nel complesso le due indagini parallele condotte dalle direzioni distrettuali antimafia di Potenza e Lecce ieri hanno all’emissione di 37 ordinanze di custodia cautelare (26 in carcere e undici ai domiciliari), a sei divieti di dimora e a due sospensioni dai pubblici uffici.
Inoltre sono state sequestrate varie aziende che operano nel settore petrolifero, insieme a denaro contante, autocisterne, immobili e beni degli indagati per un valore totale di circa 50 milioni di euro.
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