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IL Capodanno Rai festeggiato a Matera, la capitale europea della cultura per il 2019, è stato un successo. I numeri parlano in maniera chiara e netta: sei milioni di telespettatori, battendo la concorrenza più diretta, oltre cinquanta mila persone in strada tra palco e vie della città ad assistere al concertone. Numeri che non sono pietre ma Sassi. Ma che sarebbe stato un successo lo si poteva capire già dai giorni prima, quando una folla ordinata e curiosa si era aggregata intorno al palco lì in piazza Vittorio Veneto, per assistere alle prove dei musicisti, beniamini del grande pubblico della musica italiana.
Un successo, quindi, che non può certo essere messo in ombra dagli errori tecnici ed umani che pure si sono verificati. Ma se errare è umano, allora perché certa stampa sta provando a sminuire la grande prova di maturità della Basilicata, regione che per molti non è presente nemmeno sulla cartina geografica, perseverando nel racconto delle poche cose che non sono andate?
La prova di maturità dimostrata in mondovisione dalla città e dalla sua gente rappresenta, per molti, la vera novità di questo 2016. Ed è un bene. Così come la bellezza del territorio lucano, raccontato nelle brevi clip molto suggestive, sono nuovi argomenti per la maggioranza dei telespettatori collegati su Rai1. In molti di loro la prossima estate sceglieranno la Lucania come meta turistica.
Bene ha fatto Rocco Papaleo, bravissimo come sempre, ad unire la piazza con il palco. Le critiche che si leggono sull’attore e regista lucano sono poca cosa se pensiamo alle sue straordinarie capacità di uomo di cinema, che ha raccolto ampi successi e consensi con i suoi lavori. Anche il suo richiamo al vero senso della cultura non può essere letto come uno slogan da palcoscenico: chi conosce Papaleo sa quanto sia autentico il suo interesse per la promozione delle buone pratiche di condivisione e promozione culturale.
Quello che non si è visto nelle ore di diretta Rai è il sentimento di orgoglio di un popolo, quello lucano, che per una notte si è sentito centro del mondo per la sua bellezza. Finalmente! Un orgoglio pulito, senza esagerare nei toni, con lo stile di chi da sempre ha messo l’umiltà e il lavoro prima di ogni altra cosa. Per questo stupisce ancora il carattere dei lucani, raccontato benissimo da Leonardo Sinisgali:”Il lucano non si consola mai di quello che ha fatto, non gli basta mai quello che fa. Il lucano è perseguitato dal demone della insoddisfazione.”
E’ proprio questo ciò che chi sta raccontando questa notte tra il 2015 ed il 2016 non è stato in grado di vedere. La stampa, abituata a leggere il mondo con le sole lenti del mainstream (gattini a parte), o attraverso la mediazione del racconto stanco e stereotipato da salotto buono, con i soliti amici, sul Sud e la provincia italiana, non è ancora in grado di tirar fuori le ragioni più autentiche di una storia virtuosa come quella che ha portato Matera, e la Basilicata, ad ospitate la capitale europea della cultura.
C’è bisogno di una nuova narrazione, con urgenza. Una narrazione che possa tenere dentro ragioni e sentimenti, radici e futuro, che punti a smontare pezzo dopo pezzo i cliché ed i bassi provincialismi di bottega, che pure abbondano in queste ore successive al Capodanno Rai.
Occorre però individuare degli obiettivi chiari. Matera Capitale è l’occasione giusta per colmare il gap infrastrutturale e digitale con il resto del Paese. In aggiunta, Matera Capitale merita una politica industriale che investa su determinati settori, come l’audiovisivo che, col cinema ha già attecchito sul territorio. Il tentativo messo in campo con #Narrazioni19, la due giorni di studi del 18 e 19 dicembre scorso, aveva proprio questi temi tra i principali discussi nei tre panel, a cui hanno partecipato protagonisti del dibattito pubblico, rappresentanti di governo, operatori della comunicazione e dell’audiovisivo, per costruire soft power attorno a Matera e a tutte le potenzialità che il prossimo grande evento del Paese – dopo Expo e il Giubileo – può trasformare in atto.
Siamo solo all’inizio di un percorso più lungo e non facile, la strada giusta è però segnata. La partnership con la Rai, la più grande azienda culturale del Paese, che sta provando a riformare sé stessa a partire dai propri vertici, è un gol dalla trequarti che si insacca sotto il sette.
Arriverà il giorno in cui ricorderemo con un sorriso il sarcasmo e gli scoraggiatori militanti, ma fino ad allora toccherà lavorare seriamente e serenamente alla scrittura di una storia che non è il riscatto del Sud ma che rappresenta una tappa di passaggio naturale. Che viene da lontano e che vuole arrivare lontanissimo.
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