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“VERBA vana aut risui apta non loqui”. Non pronunciare parole che possano indurre al riso, il riso uccide la paura e senza la paura non ci può essere fede. Eccoli i novelli Jorge da Burgos. Si aggirano in quella grande abbazia benedettina che è la rete. Lanciano anatemi e mettono in guardia gli infedeli. Festeggiare il capodanno è stupido e inutile. Il popolo va educato. Basta trombette e cappellini. I trenini, poi, sono bellissimi ma non portano mai da nessuna parte. E’ ora di finirla coi giullari di palazzo. Ci vuole serietà, sempre e comunque. Così il capodanno in piazza a Matera diventa una pagliacciata. Si doveva parlare di Levi e Pasolini, e a mezzanotte niente spumante, meglio una bella tisana rilassante.
I lucani non sono come Papaleo e non dovrebbero farsi rappresentare da lui. Un po’ come dire che i romani non sono come er monnezza e i baresi come Checco Zalone. Banalità. E allora come sono e come devono farsi rappresentare i lucani? Qualcuno può dirlo? E che cos’è la cultura? Domande che manderebbero in brodo di giuggiole schiere di finissimi interpreti del pensiero unico moderno, ma è capodanno, diamine. A capodanno, da che mondo è mondo, ci sono i ricchi premi e i cotillon, mica i simposi sulle poesie di Brecht.
Semel in anno licet insanire, ma il latino è roba vecchia, in disuso. E lo sono le culture e le tradizioni popolari proprio in un momento in cui tutti sembrano volerle esaltare. Si va al ristorante a consumare la pasta e rape, ci si esalta per le snervanti notti della taranta, ma quando emerge il lato piccolo borghese della gente comune, subito spuntano schiere di Caifa, sacerdoti del tempio della cultura che si ergono a censori di quello che è giusto e di quello che è sbagliato. Relax.
Matera, la Basilicata sono uscite benissimo dal capodanno. Non si può dire lo stesso di Raiuno ma i due piani sono separati e devono restarlo. Papaleo ha fatto quello che doveva: intrattenere il pubblico e far sorridere. Si sentiva a casa (e lo era) e si è lasciato andare, dov’è lo scandalo? Matera ha vinto e con lei tutta la Basilicata checché ne pensino alcuni. A Potenza c’è chi ha storto il naso, c’è chi ha parlato di pagliacciata, e chi, alla canzone di Renzo Arbore che celebrava il materano, ha avuto un attacco di bile talmente forte che ha iniziato a farsi piacere Gigi D’Alessio. Non dirgli mai… Minoranze nostalgiche che hanno così poco amore per la propria città, da essere convinte che possa esercitare il suo ruolo solo dominando sulla povertà degli altri e non comprendono che al contrario il successo di Matera rappresenta una svolta anche per Potenza. Una città che ha bisogno di trasformarsi da palla al piede a fulcro di servizi a sostegno del territorio regionale. Se sei Seattle non puoi far finta di essere Miami. Il capodano di Matera ha dimostrato che la Basilicata esiste. Ora bisogna fare i lucani.

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