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IO sono lucana e ne sono fiera così come sono fiera di essere campana di adozione perché da diversi lustri abito ad Eboli, città campana del basso Sele.
Tornando recentemente in Basilicata, ho letto sul “Quotidiano” parte del nuovo “ Statuto della Regione Basilicata” ivi riportato ed ho riflettuto sull’art.1 del Titolo I, ove vengono codificate l’intangibilità della Basilicata attuale e l’unità territoriale delle comunità lucane come fine da perseguire. Vengono inoltre codificati i valori fondanti. Fatta eccezione per quest’ultimi, che non ritengo siano i soli ad essere fondanti della nostra identità valoriale di Lucani e neppure i più importanti, da lucana non potrei che esserne entusiasta e forse con me lo sarebbero anche tutte le comunità lucane, se non fosse per il fatto che si ravvisa una contraddizione palese proprio nel 2° comma dell’ art.1 del titolo I del nuovo Statuto regionale.
Ripercorrendo a ritroso l’iter storico, trovo che le comunità lucane non sono soltanto quelle che attualmente risiedono nella Regione Basilicata, ma anche quelle che risiedono in altre Regioni come, ad esempio, nella Regione Campania e soprattutto nel Cilento o Lucania citeriore il cui “capoluogo etnico” è proprio la cittadina di “Vallo della Lucania”.
Forse a questo punto conviene chiedersi chi fossero gli antichi lucani e per trovare una risposta a questo quesito basta consultare qualche testo storico, anche scolastico, quale, per esempio, quello di storia antica di Pucci –Manacorda, edito dalla Zanichelli.
A pagg. 366 troviamo scritto dei Sanniti, così narrati e descritti: «….. popolazioni montanare dell’Italia centro – meridionale, che già nel V sec. a.C. si erano mosse verso le pianure occupando la Lucania e la Campania. Qui con il nome di Oschi, si erano impadroniti della maggior parte delle città greche ad eccezione di Napoli».
Più avanti, a pagg.370 dello stesso testo, viene aggiunto: “Fra le tribù sannitiche che conquistarono l’Italia meridionale nel corso del V sec. a.C. si distinsero i Lucani dai quali prese il nome la regione montuosa affacciata sul golfo di Taranto, in cui essi si stabilirono dopo aver assoggettato le popolazioni greche e indigene che l’abitavano. Sotto la loro dominazione cadde anche Poseidonia, da Romani poi detta Paestum, quando nel 273 a.C. vi fondarono una colonia latina”.
Si ricorda inoltre che l’espansione dei Lucani interessò anche l’antica Grumentum, che i Lucani occuparono prima dei Romani. Ma se volessimo ampliare lo sguardo nel tempo e nello spazio, dovremmo includere i Sanniti e i Lucani in quel contesto indoeuropeo di popolazioni della stessa etnia che, nel corso del V sec. a.C., occuparono l’appennino centro – meridionale fino all’attuale Calabria, ove si stanziarono col nome di Bruzi.
Ebbene, carissimi redattori del nuovo Statuto della Regione Basilicata, per unire le comunità lucane, dovremmo ridisegnare la geografia regionale e politica di buona parte dell’Italia meridionale, scomodando gli attuali assetti se non di quattro almeno di due Regioni, Basilicata e Campania, cosa che altri vorrebbe fare, ma con altri scopi. D’altronde è quanto talvolta chiedono anche i Cilentani della Campania, se non fosse che lo fanno soltanto per reclamare più attenzione da parte delle autorità regionali campane e strappare qualche soddisfazione rispetto a quelle che sono le richieste del momento, ricorrendo, appunto, all’arma del ricatto, a volte funzionale.
E allora delle due l’una: o consideriamo intangibile l’integrità territoriale della attuale Basilicata, o perseguiamo il fine dell’unità territoriale delle comunità lucane e in questo caso dobbiamo dividere o la Campania o la Basilicata o entrambe. E a chi gioverebbe?
Non certo ai Lucani della Campania e tantomeno a quelli che sono emigrati dalla Basilicata in Campania, in altre Regioni d’Italia o in altri Paesi d’Europa oppure in altri Continenti e quest’ultimi sono di gran lunga di più di quelli rimasti. Insomma una vera e propria diaspora quella dei Lucani e dei Basilicatesi (come osa chiamarli l’illustre professore A. Lerra) di questa sfortunata Regione, diaspora che parla da sola nelle magnifiche sorti e progressive della Regione Basilicata e del modo in cui essa è stata governata. Voler unire ora le sparte membra dei Lucani oltre che inattuabile, può suonare anche provocatorio.
Chi siede nei palazzi del potere, non ha visto e ascoltato i Lucani di ritorno in Basilicata per far visita ai parenti ed amici o semplicemente per conoscere le loro antiche origini se sono di seconda, terza generazione. Pensano ancora di trovare il treno per arrivare nel loro paesino di origine come nel “buon tempo antico” del secolo scorso ed anche il noleggio da e per lo Scalo, allora entrambi funzionanti, ed invece, se per esempio sono diretti a Balvano, devono amaramente constatare che i treni in quella che fu una volta una stazione ferroviaria tristemente famosa per la strage del 1944, non fermano più e neppure arrivano i pullman sostitutivi e così, scesi a Bella – Muro, devono scomodare i parenti o l’amico per farsi venire a prendere altrimenti rinunciarvi.
L’alternativa è ripartire per Potenza ove troveranno il pullman degli studenti per Balvano, insomma un viaggio avventuroso il loro, pertanto, bestemmiano i patri numi per la brutta disavventura. Poi, fermandosi un po’ a Balvano, apprendono della morìa diffusa per le malattie tumorali nelle terre lucane o a causa del PM10 liberato nell’aria dall’attività estrattiva di sabbia o di altri inerti (di cave in Basilicata se ne contano circa 100 di cui 61attive) o a causa delle estrazioni petrolifere.
Ed allora, terminata la vacanza, scappano via a gambe levate, nonostante la buona ospitalità e accoglienza. Concludendo, meglio optare per l’attuale integrità territoriale della Basilicata, che per l’unità delle comunità lucane.
E ritornando all’aspetto valoriale dello Statuto, sia i Lucani di Basilicata che quelli da questa emigrati, si ritrovano defraudati della propria identità culturale ed etnica, apprendendo che i valori fondanti sono soltanto quelli religiosi e spirituali proprio come nelle Costituzioni degli Stati Teocratici. E allora proprio non ci siamo.
Come riconosce anche il professore A. Lerra in un suo articolo pubblicato recentemente sul “Quotidiano”, l’identità dei Lucani attuali è plurima e complessa. Essa è il risultato di una storia plurimillenaria e dell’incrocio di tante civiltà, da quella magno – greca a quella indoeuropea a quella bizantina, araba e poi Longobarda, normanna e via discorrendo.
Ribadiamo quindi che le nostre radici sono plurietniche, pluriculturali e plurivaloriali, pertanto è difficile la “reductio ad unum” se non impossibile.
Forse quel che accade sotto il cielo di Basilicata è spesso frutto di miopi calcoli elettroralistici o dell’eterna alleanza tra trono e altare, che ha condizionato anche altri poteri dello Stato oltre quelli regionali, come si può evincere dalle facili assoluzione giudiziarie, vedi il caso di Elisa Claps o quello delle vittime della Chiesa a Balvano durante il terremoto dell’Ottanta, i cui responsabili, almeno secondo i parenti delle vittime, furono assolti in appello.
I parenti di quelle vittime, parafrasando Dante, sembrano ancora dire “e il modo ancor ci offende”.
Si! Il modo di quei processi ancor ci offende e non solo come Lucani o basilicatesi, ma anche come cittadini italiani con le proprie identità, culturali e civili.
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