X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

LAGONEGRO – È stato condannato per estorsione a cinque anni di carcere, oltre al pagamento di un’ammenda di 1.000 euro e delle spese processuali, Vincenzo Santoianni, proprietario e gestore di un night club di Laino Borgo (Cosenza) messo sotto sequestro dalla magistratura per favoreggiamento della prostituzione. Lo ha deciso il collegio composto dal presidente Matteo Claudio Zarrella e dai giudici Basile e Bellusci – a margine del dibattimento che si è svolto ieri mattina  nel Tribunale di Lagonegro, dopo l’udienza preliminare di convalida delle richieste di rinvio a giudizio avanzate dalla Dda di Potenza e trasferite per competenza territoriale – accogliendo la tesi del pubblico ministero che aveva invocato una condanna a quattro anni e sette mesi di reclusione per l’imputato. Di fronte a un quadro indiziario dettagliato e circostanziato, che ha portato a riscontro tutte le prove dei reati contestati, i magistrati hanno optato infatti per il massimo della pena prevista dal codice penale derubricando solo l’aggravante del metodo mafioso, sebbene il tentativo di estorsione non sia stato consumato per l’intervento tempestivo degli uomini della polizia giudiziaria. Vincenzo Santoianni (di anni 56 e residente a Viggianello ), che attualmente si trova agli arresti domiciliari per carichi pendenti, fu arrestato il 30 agosto 2014 con l’accusa di estorsione dai carabinieri della stazione di Viggianello. Venne ammanettato in fragranza di reato dai militari dell’Arma mentre intascava una tangente di 1.000 euro: per l’accusa, sostenuta in aula dal pm Francesco Greco, si è reso responsabile di estorsione ai danni di Pasquale Campanella, residente a Castelluccio e titolare di un distributore di benzina a Viggianello, minacciando di danneggiare la sua attività. Questa somma di denaro, secondo la difesa sostenuta dall’avvocato Vincenzo Bonafine, avrebbe rappresentato in realtà il corrispettivo di un risarcimento danni chiesto da Santoianni a Campanella per lesioni subìte durante una lite.

 «Un caso banale di esercizio arbitrario delle proprie ragioni – ha precisato invano Bonafine nella sua requisitoria. Santoianni non è un estortore, non è stato lui a contattare la presunta vittima cui, in precedenza, non aveva mai chiesto soldi per lo svolgimento della sua attività. Il mio assistito voleva semplicemente evitare una querela nei confronti della figlia di Campanella e del suo fidanzato, che alcuni giorni prima avevano aggredito, malmenandoli, sia Santoianni stesso che due sue dipendenti». Secondo Bonafine, soddisfatto per la derubricazione dell’aggravante del metodo mafioso,  non sussiterebbero neppure le condizioni oggettive e soggettive per configurare un’estorsione, per mancanza di vantaggi personali, minacce o violenza.

L’avvocato è intenzionato a presentare ricorso in Appello e ha espresso dubbi per difetto di competenza e procedibilità, in assenza di registrazioni telefoniche e di querele da parte di terzi a carico del suo cliente.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE