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Il terzo piano del Brancaccio di Matera è una clinica moderna che attende il suo varo definitivo. Ideato, costruito e dotato di tutte le attrezzature necessarie per ospitare venti anziani particolarmente bisognosi di pluriassistenza.

La struttura attuale viene gestita da un consiglio di amministrazione della durata di quattro anni. Di nomina vescovile, è formato da parroci, rappresentanti del Capitolo Metropolitano ed un componente inviato dal sindaco. Gli anziani vengono accettati nell’istituto previa visita del neodirettore sanitario dott. Pasquale Peragine cardiologo, che valuta le condizioni fisiche dell’anziano in rapporto alle possibilità che queste vengano soddisfatte.

Il direttore Antonio Lionetti afferma: «chiediamo una retta ad ogni ricoverato in base alle condizioni di salute. Uno psichiatra viene ogni quindici giorni per monitorare lo stato di salute mentale. Il personale addetto è molto sensibile ai problemi dei degenti e si sente responsabilizzato non solo nel rendere più accettabile un ambiente privo di famigliari, ma anche per creare un rapporto di sopportazione e cordialità tra i ricoverati spesso tanto diversi tra loro. Per rendere più sereno e visibile l’ambiente si cerca di creare un clima di affettuosa convivenza tra i diversi soggetti. L’interazione tra l’istituto ed il territorio viene assicurato da alcune manifestazioni musicali e teatrali».

Il dottor Peragine sottolinea gli aspetti positivi del ricovero bella struttura. «L’anziano esce da un ambiente – sostiene il dottor Peragine -, in cui è isolato, solo la badante crea rapporti con l’esterno e viene introdotto in una realtà socialmente più ricca e stimolante. Viene sollecitato ad interloquire con gli altri, a gestire se stesso, a sentirsi soggetto pensante ed interagente. La socializzazione è l’elemento qualificante e stimolante di tale fascia d’età. Il rapporto con gli operatori diventa l’elemento cardine e molto dipende dalla professionalità e capacità degli stessi nel legare alla vita ed al futuro individui abbandonati, per anni, nelle loro solitarie case. Gli anziani hanno pluripatologie e bisognosi di tutti gli specialisti, perciò con una badante in casa e con parenti, spesso assenti, vivono momenti di solitudine e d’incurie assistenziali. I ricordi del passato spesso rendono il presente tetro e desolante, il futuro senza volto. Assistere un anziano non vuol dire accompagnarlo al traguardo finale, ma ricreargli intorno una realtà che possa far sentirgli il sapore del presente. Ogni età ha le sue sfaccettature positive e scoprire quella più rispondente alle esigenze dell’individuo è la vera arte di chi si dedica a questa delicata professione. L’età si sta allungando e diventa una prospettiva sempre più appetibile per i giovani scorgere future professioni in questo ambito».

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