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L’ODORE acre era nauseabondo. Ma peggio vedere pezzi di vita venire giù. Letteralmente.
Il prefabbricato in cui vivevano Angelina Piccolo, la nonna anziana e il figlio Giuseppe, appena maggiorenne, è ormai un cumulo di nero, legno arso, pannelli sventrati.
È andato a fuoco nel pieno della notte: le fiamme sono partite dall’auto parcheggiata davanti casa e in poco tempo hanno mangiato il prefabbricato della Cittadella. «Potevamo morire tutti, potevamo non essere qui a raccontarlo».
Si sono accorti in tempo di quello che stava accadendo perché la nonna – una signora disabile che ha bisogno dell’ossigeno – si è svegliata e ha sentito il crepitio. Poi alcuni scoppi, così ha urlato e svegliato Angela e Giuseppe: si sono spostati tutti in un angolo distante della casa.
Le fiamme nel frattempo si erano già fatte alte, il calore e il fumo insopportabili: il prefabbricato si era trasformato in una trappola senza scampo. Solo l’intervento di Tonino Lopiano, ex marito di Angela, contattato dal figlio in attesa dell’arrivo dei vigili del fuoco, li ha messi subito in salvo.
Su quanto accaduto indagano la polizia e i vigili del fuoco, i cui primi rilievi sembrerebbero escludere la pista dolosa. Ma al momento gli investigatori stanno lavorando su più fronti.
Domate le fiamme, a casa sventrata, per ore hanno atteso di capire che cosa sarebbe successo alle loro vite racchiuse tra le macerie del prefabbricato: per anni lo hanno curato e abbellito, fino a farlo diventare una casa vera.
«Ci hanno invitati a dividerci: nonna al Don Uva, madre e figlio da qualche parente, qualcosa così. Ma si può? Neanche un cambio di biancheria ci è rimasto». Per diverse ore hanno presidiato quello che resta del prefabbricato, circondato dal nastro di sicurezza.
In serata, dopo alcune verifiche, dal dipartimento Servizi sociali del Comune è arrivata l’offerta di una dimora temporanea presso un istituto convenzionato con il Municipio in via Acerenza. «È una casa di riposo, che soluzione è? Può essere il luogo adatto a una donna con un ragazzo di diciotto anni?», diceva Lopiano spiegando perché non avrebbero accettato.
Un gruppo di amici e famigliari ha fatto a lungo compagnia ad Angela e a Giuseppe, sgomenti dopo aver visto in faccia la morte. La preoccupazione è anche per altro. Quella di Angela è una storia particolare e in queste ore chiede uno sforzo di solidarietà. «Resisto per ora», se non altro per Giuseppe e l’altro figlio più grande, Luigi.
Angela racconta anche un altro dolore e affronta con pudore una storia di persecuzioni (una recente relazione terminata male) per cui, un mese fa, ha depositato una richiesta di ammonimento verso l’uomo che – ha denunciato agli investigatori – le ha reso impossibile la vita. Ora quella sua e dei suoi figli è da ricostruire.
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