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DA SABATO tutte le prime pagine sono monopolizzate dalla notizia della strage di venerdì 13 a Parigi nella quale hanno perso la vita circa 130 persone sotto la follia omicida dei terroristi. Ieri, nel giorno dell’elaborazione del lutto e della triste conta delle vittime, sono continuate le indagini alla ricerca dell’ottavo componente del commando che ha agito in 3 posti diversi del centro città (uno dei tre fratelli nel gruppo di fuoco, Abdeslam Salah, è in fuga dopo aver passato indenne i controlli in uscita ed è allerta anche in Italia) e in serata è arrivata la notizia del bombardamento da parte degli aerei francesi di Raqqa, roccaforte dell’Islamic State in Siria: si parla di decine di raid. I risvolti internazionali e il vertice di Antalya (Turchia) che ridisegnerà la mappa dei rapporti tra le potenze mondiali del G20 – determinante il ruolo della Russia di Putin e il suo rapporto con gli Usa, proprio in relazione al regime di Assad – concludono un quadro ancora in via di definizione. Ma in riva alla Senna il clima di terrore continua: ieri durante le celebrazioni in Place de la République ci sono stati momenti di panico dopo l’allarme delle forze dell’ordine seguite a dei presunti spari che poi si sono rivelati falsi – era in realtà lo scoppio di una lampadina in un ristorante.
Sui giornali di oggi molta visibilità per la notizia della morte dell’unica italiana coinvolta nella mattanza del teatro Bataclan: Valeria Salesin, 28 anni, veneziana, laureatasi a Trento in sociologia si era trasferita nella capitale francese per il dottorato alla Sorbona, molto attiva nel sociale aveva fatto volontariato con Emergency. E molti giornali dedicano un’ampia sezione ai volti e ai nomi delle vittime: venivano da 14 Paesi oltre che dalla Francia, per lo più si tratta di giovani che volevano trascorrere un venerdì allo stadio, al ristorante a un concerto. “Le loro storie – scrive la Stampa in una prima pagina che per il secondo giorno consecutivo è speciale – sono un inno alla diversità, un piccolo grande esempio di quel che i terroristi vogliono cancellare: la libertà, il diritto alla ricerca della felicità – qui, sul pianeta terra – la convivenza pacifica”. Le tre maggiori testate italiane fanno scendere in campo le firme più prestigiose: sul giornale torinese Domenico Quirico racconta il disagio delle banlieue dieci anni dopo l’esplosione di violenza, e per il Corriere della Sera – oltre alla cronaca del pomeriggio surreale tra veglie e allarmi firmata Gian Antonio Stella – ne scrive Aldo Cazzullo; ed è molto toccante anche la riflessione dello scrittore Emanuele Trevi sull’importanza di tornare alla routine quotidiana durante la paura e non solo dopo che essa sembra essere passata. Su Repubblica segnaliamo (oltre all’illuminante reportage di Daniele Mastrogiacomo “Tra i ragazzi del Belgistan” tra povertà, dispersione scolastica e disoccupazione giovanile al 40%) l’editoriale del direttore Ezio Mauro: “Noi non ci accorgiamo nemmeno più degli spazi di autonomia e di libertà che la democrazia ha aperto nella nostra vita associata, diventando costume condiviso e accettato. La democrazia “minore”, quella di cui ci nutriamo ogni giorno nello spazio a noi proprio, fuori dalle istituzioni, è infatti un insieme di garanzie reciproche che ci scambiamo mentre intrecciamo la nostra vita con le vite degli altri, è la forma quotidiana di regola civile che abbiamo dato alla nostra società vivendo, e per cui stiamo oggi morendo. (…) Gli jihadisti assassini confusamente sanno che qui è custodita l’anima universale che loro vogliono annientare, perché dà vita a ciò che hanno eletto come il loro nemico supremo e finale: la civiltà occidentale, culla, sede e testimonianza della democrazia dei diritti e della democrazia delle istituzioni. Questo è il bersaglio, perché questo è intollerabile, in quanto è l’ultimo universalismo superstite, dunque alternativo, l’unico modello di vita che resiste dopo la morte delle ideologie, e viene liberamente scelto ogni giorno da milioni di uomini e donne, riconfermato nei riti del venerdì sera, a Parigi come altrove. (…) L’assalto è al nostro modo di essere e di vivere, a quel credo comune che ci rende liberi e che parte dalle piccole regole di convivenza per arrivare alla regola istituzionale, alla Costituzione. Per questo, occorre una coscienza comune dell’Occidente per rispondere alla sfida. Sul piano dell’intelligence soprattutto, sul piano militare se è necessario. Ma prima ancora sul piano culturale. Se l’attacco è alla nostra cultura, dovremmo essere consapevoli che ha un valore, e dovremmo difenderla”.
Libero torna sulle polemiche seguite al titolo di domenica (“Bastardi islamici”) pubblicando con grande evidenza la foto della carneficina al Bataclan, con tanto di vittime a terra, e si chiede: “In Italia il problema è solo il nostro titolo, ma chi ha fatto questo non è un bastardo”. La scelta del quotidiano, intanto, ha aperto un dibattito sulla possibilità di radiare il direttore Maurizio Belpietro dall’Ordine dei giornalisti, e c’è anche una petizione web sul sito Change.org. La foto del teatro dove hanno perso la vita circa ottanta ragazzi viene accostata da Michele Smargiassi (nella sua rubrica su Repubblica dedicata agli scatti più significativi di questi giorni) a quella dei cadaveri degli studenti del college di Garissa, in Kenya, trucidati lo scorso aprile dai guerriglieri di Al Shabaab.
In prime pagine giustamente tematiche o quasi, trova spesso spazio la notizia della scomparsa di Moira Orfei, “regina del circo” morta ieri a 83 anni.
Nello sfoglio interno segnaliamo invece, su quasi tutti i quotidiani e con ampio spazio sul Sole24Ore, la notizia degli sgravi per tre anni (anziché due) per chi assume al Sud oltre a un credito d’imposta pluriennale.
e.furia@luedi.it
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