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Senza scomodare vecchi slogan (il personale è politico), c’è una cosa sulla quale, prima che cali un pietoso silenzio sulla storia pecoreccia che ha coinvolto un assessore della giunta De Luca, vale la pena soffermarsi.

A mio avviso la più importante. Quella che collega la trappola voyerustica alla cultura della destra dominante che avrebbe il compito di guidare la città di Potenza dando – come si dice – anche un indirizzo culturale nuovo, possibilmente con contenuti di spessore oltre alla pulizia dei muri e i funghi nelle scale mobili.

Il punto è questo: il cibersesso? Ma fate quello che vi pare.

Però risparmiateci il pippone morale dei convegni su cosa è lecito e cosa non è lecito praticare. Le frontiere del sesso sono aperte (e mica da oggi), come quelle dell’informatica di cui, evidentemente, si conosce ancora poco.

Maschio, femmina, gay, trans, utero in affitto, gender e non gender, solitario sesso in mondovisione: c’è una gerarchia di normalità? Qual è il punto di partenza?

Ci sono molti, credo moltissimi, i quali da questa domanda non sono minimamente sfiorati. Io tra questi. Ma davanti alla furia iconoclasta al contrario di molta destra di governo (e non solo) due piccoli suggerimenti: un corso di esperienza digitale a tutta la Giunta (così si avrà consapevolezza che quando si chatta o si sta su Facebook si apre la porta di casa) e un po’ di prediche in meno da parte di molti chierici e chierichetti. Collegatevi a una chat, se vi piace. Non è peccato.

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