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POTENZA – Ogni posto di lavoro perso è, senza dubbio, un enorme danno che si fa al tessuto sociale di questa città. Così l’ennesima situazione emergenziale, che vede protagonista l’ex Clinica Luccioni – oggi Istituto clinico lucano – non ha lasciato indifferente nessuno. Nella giornata di martedì un gruppo di consiglieri (Santarsiero primo firmatario) ha presentato una proposta di legge che sarà discussa nel prossimo consiglio regionale, per la quale la Uil Fpl ha espresso subito soddisfazione: «La proposta di legge – scrive Pisani – prevede la possibilità per le strutture sanitarie che presentino limiti strutturali insuperabili di adeguarsi alla normativa vigente trasferendosi presso altra sede idonea. Ovviamente, tale possibilità è soggetta a una precisa procedura che deve rispettare dei tempi a garanzia dell’effettivo trasferimento ed adeguamento della struttura».
Una mobilitazione legittima, ogni posto di lavoro deve essere difeso.
Ciò non toglie che ci siano delle indubbie difficoltà da affrontare. Di ordine logistico chiaramente, anche se trovare una sede idonea non sarà semplicissimo. Ma, probabilmente, andranno affrontate con chiarezza anche altre questioni che, in questi giorni, sono passate in secondo piano. Ma che sono probabilmente importanti anche per comprendere in che direzione si vuol fare andare questa struttura sanitaria privata che, per continuare a operare, ha bisogno di autorizzazioni dalla Regione.
Sono stati dati dei numeri sul personale, per esempio. E anche se a qualcuno è sembrato un ricatto alla politica quello di far leva sull’occupazione, è chiaro che questo è uno dei punti essenziali in questa vicenda. Anche perchè – citiamo testualmente – «nell’arco di tre anni il personale si è triplicato così come anche l’utenza». Nelle ultime conferenze convocate dal nuovo amministratore, Walter Di Marzo, si è sempre parlato, quindi, di un centinaio di posti di lavoro a rischio. Ma – e sono stati proprio i sindacati a precisarlo ieri sul nostro giornale – i dipendenti effettivi della struttura sono solo 31.
Una sproporzione – secondo una fonte ben informata – rispetto a quelle che sono le attività della clinica. Attività – come confermato dallo stesso amministratore – che sono in crescita costante. Eppure opererebbe un solo anestesista e due soli medici assunti, con altri dottori che, per coprire i turni di guardia, sarebbero pagati “a gettone”. Stesso problema ci sarebbe anche sul personale infermieristico, insufficiente per coprire i turni.
Quindi se sono solo 31 gli effettivi, è chiaro che l’altra settantina di persone che gravita attorno alla struttura sanitaria privata lo fa con contratti diversi. Come si è investito allora in termini occupazionali?
E’ una domanda a cui Di Marzo forse ora dovrebbe rispondere chiaramente. Anche in vista della possibile delocalizzazione.
Nel frattempo la mobilitazione della politica – questo anche per salvare l’occupazione – continua. E ieri mattina i consiglieri regionali di Forza Italia, Michele Napoli e Paolo Castelluccio, hanno presentato una seconda proposta di legge che, «a differenza della mozione presentata da altri consiglieri che è un mero atto politico e, tra l’altro, di contenuto non chiaro, nasce dalla necessità di dare una soluzione definitiva alla questione della clinica di Potenza mettendo fine alle continue proroghe».
Nella proposta di legge di Forza Italia si parla dell’introduzione di una disciplina “ponte” per «affrontare la situazione contingente e, contestualmente, la definizione di disposizioni per affrontare in maniera definitiva la vicenda dell’ex Clinica Luccioni di Potenza».
«Un’iniziativa – ha spiegato Napoli – a riprova del ruolo che svolgiamo come minoranza che responsabilmente presenta proposte perché la Giunta superi ritardi, disattenzioni, inadempienze. Nello specifico la pdl, Napoli ha anche evidenziato la necessità «di un piano industriale da parte della struttura sanitaria, con un cronoprogramma e obiettivi precisi anche per dire basta al regime continuo di proroghe, garantendo allo stesso tempo i regimi occupazionali».
Per Castelluccio «la vicenda è forse quella più emblematica del fatto che il privato deve sapere che l’interesse primario è per il cittadino tanto più nel caso della sanità. Se qualcuno pensa di replicare in questo campo l’esempio dell’outlet del commercio si sbaglia di grosso perché la salute non è in svendita. La nostra battaglia è rivolta all’affermazione di pari condizioni di trattamento per i titolari di imprese del comparto della sanità privata accreditata che, siamo consapevoli, hanno compiti importanti da svolgere – ha concluso Castelluccio – per sopperire sul territorio alle inefficienze del sistema pubblico in una maggiore sinergia a cominciare dal superamento delle liste di attesa». 

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