4 minuti per la lettura
MARATEA – La notizia era circolata da tempo e ora c’è anche l’ufficialità: la Giunta regionale ha dichiarato decaduta la proposta di Alta Sartoria italiana per la reindustrializzazione della ex Lucana calzature di Maratea.
Per l’ennesima volta, dunque, finisce in fumo il progetto che aveva fatto sperare la cittadina della costa tirrenica: rilancio del sito produttivo che una volta produceva scarpe, con la creazione di nuovi posti di lavoro. Alta Sartoria, nel 2014, aveva vinto il bando pubblico della Regione che prevede un finanziamento dello stabilimento per metà dell’investimento complessivo, con l’obbligo per i nuovi imprenditori di assumere almeno il 50 per cento più uno degli ex dipendenti del calzaturificio.
Ma da allora sono passati quasi due anni e, nonostante le proroghe e i numerosi solleciti, la ditta non ha fornito le garanzie bancarie richieste, pari ad almeno il 20 per cento dell’investimento complessivo, pari a 12,5 milioni di euro. Eppure, Alta sartoria italiana era arrivata prima nella graduatoria delle selezione per la riconversione dello stabilimento, con un progetto che prevedeva la realizzazione di due cicli produttivi: da una parte la produzione artigianale di abbigliamento di alta sartoria cucito a mano su misura, dall’altra la produzione robotizzata di abbigliamento pret a porter a marchio. Con la previsione di 5 reparti operativi confezioni uomo donna, camiceria, cravatteria, calzoleria e accessori. Ma la parte più importante del progetto, chiaramente, era quella relativa al dato occupazionale: la ditta, con sede a Roma, s’impegnava ad assumere complessivamente 163 unità, di cui 60 della ex Luacanza calzature.
Un sogno per Maratea che, nonostante il traino del turismo purtroppo limitato a pochi mesi all’anno, non è stata risparmiata dalla crisi. A distanza di quasi 15 anni dalla chiusura dello storico calzaturificio di Passo Colla, il nuovo progetto avrebbe potuto dare una importante seppure parziale risposta. In molti ci avevano creduto. Non tutti, però. La prima incongruenza segnalata era proprio relativa al tipo di attività per cui l’azienda si era proposta: secondo un accertamento Cribis D&B (compagnia di credit rating specializzata nella business information), fino a quel momento l’azienda candidata a realizzare abiti di alta sartoria si era occupata della sola commercializzazione di capi di abbigliamento e accessori (anche se poi l’azienda aveva smentito la cosa), senza alcuna esperienza nella produzione. Inoltre, Alta Sartoria Italiana risultava e esposta a un elevato rischio insolvenza. Anche i numeri aziendali relativi al 2012 mostravano una certa debolezza strutturale. Con un capitale sociale di 180mila euro, lo stato patrimoniale 185mila euro e un fatturato di 468mila euro, con un passivo di quasi 600mila euro e tre soli dipendenti a libro paga, ci si chiedeva come la società avrebbe mai potuto portare a termine l’investimento da 12 milioni di euro (di cui sei finanziati dalla Regione a fondo perduto). Era stato in particolare l’allora consigliere d’opposizione al Comune di Maratea, Carmelo Ferrara a mettere in evidenza tutti i dubbi relativi al progetto. L’azienda, in una replica ufficiale, aveva dato le proprie spiegazione, ribadendo il forte interesse per il piano di riconversione della fabbrica di Maratea. Ma a distanza di quasi due anni tocca ammettere che che le perplessità non erano proprio fuori luogo, visto che Alta Sartaria non è riuscita a fornire le garanzie bancarie che ne attestassero la stabilità finanziaria. E anche il sindaco, Domenico Cipolla, che fino alla fine aveva sperato in questa importante occasione di rilancio dell’economia marateota, ora commenta: «Mi assale una forte delusione, soprattutto se ripenso agli incontri avuti con l’azienda ed ai messaggi di ottimismo che venivano lanciati da questi, in risposta alle sollecitazioni preoccupate.
La speranza e la volontà di questa amministrazione è che la fabbrica diventi di nuovo operativa e si possano realizzare reali e concreti posti di lavoro».
Fa sapere comunque che le speranze non sono tutte perse. «Ho già avuto incontri con aziende interessate – aggiunge – ed altre stanno dialogando con l’assessore regionale Liberali.
Il rapporto fra i due enti sulla questione si sta strutturando affinché si concretizzi tutto nel breve, per creare vere e solide opportunità lavorative». Vedremo se la prossima sarà veramente la volta buona.
m.labanca@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA