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POTENZA – «Le nostre richieste sono semplici: chiediamo chiarezza nell’informazione che viene data ai genitori, una farmacovigilanza attiva, formazione del personale e, da 30 anni, chiediamo inutilmente uno studio di comparazione tra bambini vaccinati e quelli non vaccinati. Perchè se lo studio dovesse far venir fuori che i danni sono maggiori dei benefici è chiaro che qualche domanda tutti dovrebbero farsela. Ma la risposta che continuano a darci le istituzioni è che non sarebbe etico».
Lucia D’Augelli, responsabile del Comilva Puglia onlus, da otto anni prova a cambiare l’approccio anche culturale al problema. «Perchè la questione non è che noi siamo contro i vaccini per partito preso. Quello che noi vogliamo è che i genitori vengano messi nelle condizioni di sapere, di conoscere tutti i pro e tutti i contro. La conoscenza permetterà loro di fare una scelta consapevole. Ma così non è, come ci raccontano i tanti genitori che ci contattano. Al contrario, ci siamo trovati davanti a situazioni in cui il solo dubbio posto al pediatra aveva come conseguenza l’umiliazione del genitore. E non sono stati rari i casi di denunce di genitori al Tribunale dei minori. Come se il genitore non avesse il diritto di capire e di sapere in tutta chiarezza quali possono essere le complicanze e le conseguenze».
Ecco questo è un punto fondamentale: non siamo contro ma vogliamo capire e sapere. Vogliamo essere informati. Il consenso che viene fatto firmare ai genitori prima della vaccinazione non è sufficiente?
«No. Anzi, quello che si fa firmare è un consenso illegale. Ci sono dei documenti ministeriali che dovrebbero essere dati ai genitori. Documenti che mettono nero su bianco quali possono essere le controindicazioni. “Esistono alcune situazioni che possono controindicare la vaccinazione”, si legge sul sito del ministero della Salute. Ora, tra le controindicazioni si legge che bisogna evitare il vaccino se il bambino: “è affetto da malattie neurologiche in evoluzione; è affetto da malattie congenite del sistema immunitario; è allergico alle proteine dell’uovo (se il vaccino ne contiene); è allergico ad alcuni antibiotici quali streptomicina e neomicina”. Il primo vaccino si fa a tre mesi: se c’è una malattia neurologica in evoluzione io lo saprò solo quando il danno è stato già fatto. Ma tutto questo ai genitori lo si vuol dire? Si vogliono spiegare con chiarezza anche quelli che possono essere gli effetti indesiderati? Questo non succede praticamente mai. Eppure esiste la Convezione internazionale di Oviedo, che lo Stato italiano ha recepito con la legge del 28 marzo 2001 n. 145. Ed è una legge dello Stato italiano a stabilire che un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero e informato. E le notizie devono riguardare anche le conseguenze e i rischi».
Ma questo è un problema italiano o europeo? Ci sono delle regole comuni sulla questione?
«Il problema è generalizzato, tanto è vero che, sulla farmacovigilanza per esempio, si è avvertita la necessità di un Regolamento dell’Unione europea (dicembre del 2010) che precisa come “le norme relative alla farmacovigilanza sono necessarie per la salvaguardia della salute pubblica al fine di prevenire, rilevare e valutare gli effetti collaterali negativi dei medicinali per uso umano immessi in commercio nell’Unione, dato che il profilo di sicurezza completo dei medicinali per uso umano può essere noto solo dopo la loro immissione in commercio”. Sono parole che hanno un’importanza vitale: se si può stabilire la sicurezza di un farmaco “solo dopo la loro immissione in commercio”, io genitore devo essere messo in condizione di avere tutte le necessarie ed esaustive informazioni su rischi e complicanze. E su Regolamento, infatti si legge: “risulta evidente la necessità di adottare misure volte a migliorare il funzionamento del diritto dell’Unione in materia di farmacovigilanza dei medicinali per uso umano”».
Perchè quello della farmacovigilanza è un altro problema enorme che voi segnalate…
«Non siamo noi a dire che c’è un problema in questo senso. E’ addirittura uno studio del Censis promosso dalla Novartis che lo sottolinea. La casa farmaceutica ovviamente promuove questo studio per una questione di marketing e comunicazione, ma nei fatti emerge il problema. C’è un decreto ministeriale che prevede prevede l’obbligo di segnalazione delle sospette reazioni avverse ai farmaci entro 48 ore ed entro le 36 ore in caso di reazioni ai vaccini. Ma fino ad oggi chi era tenuto a segnalare le reazioni si è troppo spesso sottratto, eliminando quindi qualsiasi analisi realistica del rapporto rischi/benefici. Nel decreto viene detto che uno dei compiti dell’Agenzia del farmaco è quello di adottare “tutte le misure adeguate per incoraggiare pazienti, medici, farmacisti ed altri operatori sanitari a segnalare sospette reazioni avverse”. Ma perchè è necessario “incoraggiare” i sanitari? Questa categoria dovrebbe avere chiara percezione dell’importanza di queste segnalazioni».
Ma la decisione di non vaccinare i bambini ha portato al ritorno di malattie che si credevano debellate, come la poliomelite: questa è ora l’accusa che viene mossa ai genitori che scelgono l’obiezione di coscienza…
«Ma questo non è vero. Al contrario, se si va ad esaminare l’andamento epidemiologico, si scopre che non c’è un solo caso di poliomelite da virus in Italia dal 1982. Al contrario abbiamo casi di poliomelite da vaccino, tanto è vero che il “Sabin”, utilizzato in Italia per anni, è stato poi ritirato e ora sostituito con il “Salk”. La verità è che si sta portando avanti una campagna scorretta e violenta contro chi sceglie semplicemente di essere un cittadino consapevole. Contro chi si fa e fa domande. Contro chi chiede garanzie per la salute del proprio figlio. Perchè se un bambino muore dopo il vaccino per un probabile shock anafilattico tu puoi rispondere che si tratta di un caso su un milione, che rientra nel “range”. Ma se quello è mio figlio quella non è una risposta».
Parla di campagna violenta e scorretta perchè, cosa è successo?
«Su Facebook ormai siamo agli insulti quotidiani. C’è on line la petizione di una mamma che chiede che i bambini non vaccinati non vengano accettati all’asilo o a scuola, diritto che abbiamo ottenuto dopo anni di lotta. Stanno proponendo asili destinati solo ai non vaccinati: campi di concentramento per chi la pensa diversamente insomma. Io faccio un’unica domanda: se hai vaccinato tuo figlio e, in piena coscienza, puoi dire con certezza che quel vaccino è valido, funziona e protegge tuo figlio da ogni rischio, perchè temere chi non è stato sottoposto a quel trattamento? Al limite, ad avere problemi dovrebbe essere il bambino non vaccinato. Ma è chiaro che se io sono un ultra e non tollero che qualcuno la pensi diversamente sono pronto a fare solo guerre. E un confronto sereno sul tema è impossibile averlo».
a.giacummo@luedi.it

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