4 minuti per la lettura
POTENZA – Addio a 42milioni di euro, inclusi 16 di royalties per il petrolio estratto in Val d’Agri. E’ questo il prezzo che via Anzio ha deciso di pagare per una serie di opere di sistemazione idraulica del Basento mai nemmeno finite. Cosa che sa bene chi ha vissuto l’alluvione di appena 2 anni fa nel metapontino.
La giunta regionale ha infatti accolto con delibera del 7 ottobre (la numero 1279, ndr), dopo 5 mesi di discussioni e consulti legali ai massimi livelli, la proposta di transazione avanzata a maggio dal commissario della vecchia Icla spa.
Rispetto allo sconto di 2milioni e rotti proposto inizialmente per chiudere subito la questione, da sottrarre ai 46 già pignorati su diversi conti corrente dell’amministrazione, i legali della Regione sono riusciti ad arrivare a 4. Ma nulla più. Di qui il conteggio finale che si ferma a 42milioni di euro, destinati a entrare una volta per tutte nelle casse della ditta e della finanziaria che tempo fa aveva comprato i suoi crediti sparsi per mezza Italia.
Lo schema di transazione prevede che vengano «trattenuti a titolo definitivo gli importi sin qui incassati». Eccezion fatta per quei 4 milioni di “sconto” da restituire «a mezzo di assegno circolare non trasferibile intestato a Regione Basilicata all’atto della sottoscrizione». D’altro canto gli uni si impegnano a rinunciare «irrevocabilmente ad ogni pretesa e a tutti i giudizi e ai titoli sin qui emessi». E gli altri, ossia la Regione: «qualsiasi ulteriore pretesa o giudizio pendente, ivi compreso il ricorso per Cassazione relativo al lodo 165/2010 tutt’ora pendente».
E’ stato l’avvocato Giorgio Costantino, professore di diritto processuale civile dell’Università Roma Tre, a convincere la giunta sul da farsi. Inconsistenti, a suo avviso, i margini per un giudizio della Suprema corte, che sovvertisse l’esito di due arbitrati e altrettante sentenze della Corte d’appello di Roma. Prolungare la cosa, avrebbe quindi comportato soltanto un ulteriore esborso di spese legali e interessi. Se poi si considera che lo stesso Costantino aveva avanzato una parcella da 360mila euro, per assistere la Regione in uno di quei giudizi d’appello, il ragionamento tiene eccome.
Ma è possibile che i soldi delle royalties per il petrolio estratto in Val d’Agri vengano utilizzati per pagare un maxi-risarcimento a una ditta che aveva aperto un cantiere per dei lavori di sistemazione idraulica del Basento, poi peraltro nemmeno ultimati? Secondo le destinazioni previste dalla legge, no. Non se ne parla proprio. Spetta dunque agli uffici di via Anzio trovare il modo per compensare con altre entrate il “buco” nei fondi a disposizione per monitoraggi ambientali e investimenti in occupazione e sviluppo dei territori delle estrazioni.
Il caso Icla era venuto alla luce nel 2011, proprio a seguito del pignoramento su uno dei conti corrente dell’Eni delle somme destinate al pagamento delle royalties dovute alla Regione Basilicata.
L’ex colosso delle costruzioni, coinvolto anche in altre storiche incompiute come il cantiere della Nerico-Muro Lucano (già costato 301 miliardi delle vecchie lire rispetto ai 26 preventivati), nel 1988 si era aggiudicato per 76 miliardi e 650 milioni delle vecchie lire la sistemazione idraulica a difesa delle infrastrutture del basso Basento.
All’epoca i cantieri si avviarono subito, ma meno di sei mesi dopo è arrivato il primo stop. Otto mesi dopo sono ripartiti, ma a maggio del 1990 è scattato il primo sequestro di aree e macchinari da parte della magistratura. Poi il dissequestro e un secondo decreto della Procura della Repubblica di Matera.
L’ipotesi degli inquirenti era che si stessero consumando una serie di violazioni delle norme a tutela delle bellezze naturali, degli alberi e della vegetazione lungo le sponde del fiume, stravolgendo l’ambiente e il paesaggio della pianura metapontina. In effetti tra le autorizzazioni mancava il parere favorevole del ministero per i Beni culturali e in Regione sembra che non avessero le idee molto chiare su chi dovesse richiederlo.
Perchè le aree e i macchinari fossero restituiti si sarebbe dovuto aspettare una sentenza di assoluzione definitiva, che è arrivata soltanto a ottobre del 1994. A quel punto, tuttavia, dalle parti di via Anzio ci si sarebbe chiesti se il progetto iniziale non andasse rivisto. Solo che Icla non l’avrebbe presa bene, come quando i suoi manager venivano a Potenza e non c’era un dirigente con cui riuscissero a parlare per sapere quando tornare sui cantieri, perché si era perso il nome del responsabile del procedimento.
Poi sarebbero sopraggiunti altri problemi e a colpi di carte bollate si è arrivati alla rescissione del contratto, a settembre del 2000, senza che i lavori fossero nemmeno ultimati a regola d’arte.
Dei tre arbitrati instaurati due hanno dato ragione alla ditta chiacchieratissima per l’amicizia tra i suoi titolari e l’ex ministro Cirino Pomicino, e uno solo alla Regione Basilicata.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA