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SALUTE, ambiente e, ovviamente petrolio. Sono solo alcuni dei temi che verranno affrontati in un convegno organizzato dalla Conferenza episcopale di Basilicata che si terrà sabato prossimo all’Hotel Kiris di Viggiano. Il titolo è eloquente: “Quale futuro per la Basilicata: tra progresso sostenibile e responsabilità verso le nuove generazioni”. Del convegno, ma anche altre questioni che riguardano la regione ne abbiamo parlato con monsignor Vincenzo Orofino, vescovo di Tricarico e delegato dalla Ceb per il convegno ecclesiale di Firenze.

Eccellenza dove nasce l’idea di questo convegno?
Il convegno di sabato 17 ottobre si colloca dentro il cammino di preparazione al 5° Convegno Ecclesiale Nazionale che si celebrerà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015 sul tema In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, con l’intento di coinvolgere il popolo lucano nella costruzione di quella nuova umanità che scaturisce dall’esperienza della fede vissuta e testimoniata.
Sul nuovo umanesimo le singole diocesi hanno già dedicato vari incontri formativi e culturali. A livello regionale abbiamo celebrato un convegno a Matera nel maggio scorso (dal titolo “Fede e arte: la via della bellezza” ndr), ora questo sulle problematiche connesse con le estrazioni petrolifere, il 29 ottobre a Potenza terremo un momento di riflessione su “Fede e pietà: la via del cristianesimo popolare”; l’8 novembre ci sarà una giornata di festa/incontro con i giovani, a Melfi; il 9 novembre, insieme, in pullman, 50 delegati partiremo alla volta di Firenze per rappresentare la nostra amata regione».

Qual è la specificità di questo convegno?
«Il convegno è stato pensato come un gesto specificamente ecclesiale e nello stesso tempo come un momento qualificato di studio che ponga al centro il futuro della nostra Regione, soprattutto per quanto riguarda le problematiche della cura della salute, della custodia del creato, della promozione dello sviluppo economico sostenibile, della qualità della vita delle persone. Con questo convegno le Chiese di Basilicata vogliono implicarsi con le criticità sollevate dalle estrazioni petrolifere, in una prospettiva chiaramente profetica e attraverso un servizio leale e non ideologico alla Comunità lucana, con la convinzione che l’insegnamento sociale fa parte dell’attività pastorale ordinaria della Chiesa in quanto insegnare e diffondere la Dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano».

Cosa ha da dire la Chiesa sull’ambiente … e sulla povertà?
«Da sempre la Chiesa ha fatto la “scelta preferenziale pei i poveri” e in vario modo si è spesa e si spende per la “custodia del creato”. Tutti i giorni siamo impegnati a lavorare per promuovere nei nostri paesi una più alta qualità della vita. In tal senso, nella lunga storia della Chiesa non è mai mancata la lieta testimonianza di tanti e santi cristiani. Ne è un esempio mirabile la vita del “Poverello” di Assisi, il quale “manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati”, mostrando “fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore”, come ci ricorda Papa Francesco nell’Enciclica Laudato sii’. La Chiesa è impegnata a promuovere una “sana” ed “equilibrata” ecologia integrale e globale, che richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio della biologia e sono collegate con l’essenza dell’umano. Per questo la Comunità cristiana si sente chiamata a prendersi cura di tutto ciò che esiste».

Più vicini alle istanze degli ecologisti o dei petrolieri?
«Solo servi del Signore, della sua opera, di tutte le sue creature (… compresi gli ecologisti e dei petrolieri!). Il compito della Chiesa è quello di dare gloria a Dio e di servire la fede delle persone, amando e servendo tutto ciò che Dio ha creato e sostiene con il suo amore provvidente. La Chiesa, perciò, sta dalla parte di tutto ciò che è stato voluto e creato da Dio: sta dalla parte di ogni uomo e della sua inalienabile dignità, dalla parte della natura e dell’ambiente non contaminato, dalla parte della vocazione di ogni territorio e delle sue potenzialità produttive, dalla parte di chi studia le leggi della natura per custodirla e proteggerle ma anche di chi con il suo lavoro la “coltiva” e le permette di portare frutto. La Chiesa ha il compito di educare le coscienze per favorire una profonda “conversione ecologica” che porti a plasmare una chiara “cultura ecologica”, che – come insegna Papa Francesco – “non si può ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle risorse naturali e all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico, Diversamente, anche le migliori iniziative ecologiste possono finire rinchiuse nella stessa logica globalizzata”.

Trivelle si, trivelle no. La Chiesa prende posizione?
«Non si tratta di demonizzare le estrazioni petrolifere, né di divinizzare la natura illibata, quanto di stabilire il giusto equilibrio tra la protezione della natura e la sua valorizzazione produttiva, secondo la vocazione specifica e la fecondità di ogni territorio. Questo non vuol dire scegliere una comoda (ma disastrosa!) “via di mezzo”, quanto affermare la necessità di “cambiare il modello di sviluppo globale” e di “ridefinire il progresso” in funzione di un “mondo migliore e una qualità della vita integralmente superiore”, attraverso un’approfondita riflessione scientifica, pedagogica, morale e antropologica, ma anche attraverso un uso più oculato delle royalties, da usare per finanziare lungimiranti progetti di sviluppo e infrastrutture indispensabili e non come “bancomat” per ripianare “disinvolti” bilanci di Enti pubblici. Mentre tutti insieme lavoriamo per questo, “in attesa di un ampio sviluppo delle energie rinnovabili, che dovrebbe già essere cominciato, – ci ricorda Papa Francesco – è legittimo optare per il male minore o ricorrere a soluzioni transitorie”. Ecco perché tutti dobbiamo avere un atteggiamento costruttivo, anche se all’occorrenza critico, nell’ottica della partecipazione responsabile alla costruzione del bene comune. Siamo tutti responsabili del progresso e dello sviluppo globale della Basilicata, che ha bisogno di un sussulto di orgoglio, di un rinnovato fervore sociale e culturale, di un più vivace e democratico confronto politico, di amministratori più generosi e illuminati che, superando ogni forma di rigido controllo sociale e di generalizzato dominio, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà, sappiano riconoscere e sostenere le iniziative che sorgono dalle diverse forze sociali. Occorre guardare “avanti”, “in alto” e “alto” per andare oltre gli aspetti puramente materiali e contingenti delle varie problematiche, specialmente quelle che riguardano la qualità della vita dei nostri paesi, l’ambiente, la salute e il lavoro. La condizione per il cambiamento della nostra regione è il cambiamento della nostra vita personale.

Come vede la Basilicata tra 20 anni?
«Con il convegno di Viggiano non vogliamo piangerci addosso o contestare tutto e tutti, ma guardare al futuro con lungimiranza, responsabilità, impegno e speranza. Il nostro obiettivo è quello di indicare piste di riflessione e di azione per contribuire a promuovere lo sviluppo integrale e sostenibile di questa Regione. Il nostro vuole essere un atto di amore e di responsabilità verso la nostra Terra e in particolare verso le future generazioni, che guardiamo con fiducia e verso le quali nutriamo tanta speranza. Abbiamo grande stima dei giovani e vogliamo valorizzare al massimo le loro qualità umane, culturali, morali e ideali. Vogliamo accompagnarli e sostenerli nelle sfide della vita, con la consapevolezza che il futuro è nelle loro mani e che sarà migliore del presente».

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