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POTENZA – Il teatro come luogo ideale e fisico di scambio, condivisione, partecipazione. Dentro la città e a essa connessa, proprio come una piazza.
E’ U-platz, abbreviazione di Ut platz, in tedesco piazza appunto, nato tre anni fa nel cuore del Serpentone per mano della compagnia “Gommalacca teatro”. Da U-Platz ci sono i ragazzini che dopo aver terminato i compiti dicono alla mamma «vado da Gommalacca» o la signora che lavora nell’ufficio al quarto piano e dopo il lavoro si ferma a seguire un laboratorio o a guardare uno spettacolo.
Carlotta Vitale è la metà di Gommalacca, l’altra è Mimmo Conte. Tra i loro prossimi appuntamenti importanti c’è “Diario tra i banchi”, di Gigi Gherzi, all’Apofil il 7 ottobre alle 17.30 e che racchiude questa idea del teatro come incontro, dialogo, come U-platz.
Carlotta, che cos’è U- platz?
«U-platz non è più lo spazio di Gommalacca ma uno spazio civico e teatrale dove, si, è vero, alcune proposte partono da noi ma è dal pubblico che nasce l’idea, la direzione da seguire, la necessità da soddisfare».
Come e quanto secondo te la città, in particolare questo quartiere, ha determinato U- platz e viceversa?
«Un artista, nella sua ricerca di linguaggi, visioni, punti di vista, è sempre alla ricerca di un luogo e di connessione con l’altro. E in questa ricerca il teatro ci ha condotto al Serpentone: un luogo che ci ricorda le dimensione della metropoli, anche visivamente, dove hai la sensazione di stare dentro la città, proprio per queste sue geometrie e difficoltà di letture che ne fanno un luogo magnifico quanto orribile. Ma la relazione è lenta, ci vuole tempo. In questo costruire relazione, tuttavia, possiamo dire non solo che noi abbiamo dato una lettura del quartiere ma che è il quartiere a leggere noi: ha sentito la necessità della nostra presenza come noi quella di vivere questo luogo. Piano piano si è arrivati ad uno scambio che ha reso questo spazio vivo, spazio di dialogo. Qui c’è la scuola, passano i mezzi pubblici, specialmente prima con il ponte attrezzato che, ne approfitto per dire, spero lo riaprano il prima possibile. Insomma, abbiamo scelto un luogo per noi di ispirazione».
Gli spazi per il teatro in città. Quello per antonomasia, il Teatro Stabile, come denunciato da queste stesse colonne sta decadendo. Qual è il vostro rapporto con questo luogo d’eccellenza?
«Quello che avviene qui a U-platz in termini di spettacoli lo ricerchiamo anche in altri quartieri, come è successo a Bucaletto nell’ex palestra della cooperativa “La mimosa”. E’ ovvio che la necessità di vivere luoghi del teatro non convenzionali non annulla la necessità di vivere il Teatro per antonomasia, anche solo perché è magnifico, con tutta la sua storia e la sua bellezza. Non ho bisogno del “teatro all’italiana” per sentirmi consacrata ma oggi lo Stabile dovrebbe essere vissuto, tanto dal quindicenne che dalla sessantenne. Alzi la testa è vedi corde, quinte, fari, carrucole, che creano quella finzione magica tipica del teatro.
Quali sono gli ostacoli che impediscono di vivere il teatro Stabile paradossalmente proprio da chi il teatro lo fa?
«Manca un regolamento che, se c’è, vorremmo vedere e l’idea di gestione».
Cosa deve fare un’associazione per usufruire del teatro?
«Ci dicono che un privato deve pagare 2000 euro al giorno, per i convegni 1000. Chi a oggi ha pagato queste cifre e sulla base di cosa? Il Teatro sta cadendo a pezzi, il fascione d’oro di passamaneria è strappato, lo stucco tolto, perché nessuno lo ripara? Non ci sono risorse? Vuoi che se si coinvolge la cittadinanza, chi ha l’amore per la città e per il teatro, a partire da chi il teatro lo fa non si riesca a trovare un modo sostenibile per rimetterlo in sesto? Ce lo consegnano in queste condizioni – quando ce lo consegnano, perché ci sono degli eventi, come convegni vari di assessori e altre realtà che hanno la precedenza – e ciò nonostante paghiamo anche i vigili del fuoco che, in teoria, per uno spettacolo di meno di 500 spettatori non sono obbligatori, ma viste le condizioni di precaria sicurezza dello Stabile, siamo costretti a chiamare e a pagare a spese nostre. Ci sono luoghi che sono sacri, che se li rendi vivi la città riprende a respirare. Tenere il Teatro Stabile immobile, immobilizza tutta la città a partire dalla piazza».
Quali le richieste?
«Un regolamento che vada condiviso con chi il teatro lo fa, tenendo conto quindi delle esigenze reali del territorio e di chi crea pubblico e lavora su questo, sulla scia di quanto fatto in Regione per la legge sullo spettacolo. Gli operatori devono essere lo strumento in mano all’amministrazione».

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