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POTENZA -Dovrà risarcire poco meno di 4mila 400 euro di rimborsi “ingiustificati” l’ex presidente del Consorzio di bonificia del Vulture Alto Bradano Nicola Rocco Barbangelo.
Lo ha deciso la Corte dei conti di Potenza accogliendo, ma soltanto in parte, la richiesta avanzata dalla procura regionale dopo la denuncia del direttore amministrativo dell’ente stesso.
I magistrati hanno preso in considerazione soltanto un periodo limitato di tempo, per i noti vincoli quinquennali di prescrizione delle ipotesi di danno erariale. Così da 16mila euro e rotti di acquisti effettuati con le carte di credito a disposizione del presidente, senza alcuna documentazione che ne giustificasse il nesso col ruolo istituzionale, gliene hanno contestati soltanto 7.500.
In sentenza sono stati ridotti a 4mila, perché l’avvocato Nicola Barbuzzi, ha evidenziato che la differenza, benché già “caricata” sulle due carte di credito, era stata restituita al Consorzio dalla banca dopo la denuncia di scomparsa delle stesse.
Talvolta Barbangelo, spiegano i giudici della Corte dei conti, «è giunto ad autorizzarsi da solo l’emissione di mandati per ricaricare le carte di credito assegnategli e poi utilizzate per pagare ripetutamente pasti e consumazioni nonché rifornimenti di carburante, presumibilmente alla propria autovettura. Il tutto al di fuori di qualsiasi schema gius-contabile e senza alcuna possibilità di controllo dell’uso dei fondi accreditati sulle carte gestite dal Barbangelo che, pertanto, ne era responsabile dell’utilizzo quale vero e proprio agente contabile».
Il collegio ha superato anche un’eccezione dell’avvocato dell’ex presidente, che ha sostenuto che i fondi utilizzati non fossero pubblici ma contributi delle imprese agricole consorziate.
«Le risorse utilizzate dai Consorzi di bonifica, indipendentemente dalla diversa provenienza evidenziata dal difensore del convenuto, costituiscono risorse pubbliche destinate a fini di pubblico interesse, la cui mala gestio rientra nella giurisdizione del giudice contabile». Spiegano. Per poi aggiungere che a loro avviso: «la mancata produzione di adeguata documentazione giustificativa di ciascuna spesa, sul piano soggettivo, come innanzi esposto, vale a qualificare la condotta dell’odierno convenuto come gravemente inadempiente dell’obbligo di dar conto della gestione delle pubbliche risorse di cui aveva l’esclusiva materiale disponibilità, derivante da consolidate regole contabili di immediata percezione, mentre sul piano oggettivo rende l’attività di spesa dannosa in quanto non univocamente riferibile ai fini istituzionali normativamente previsti».
«Barbangelo – proseguono nella descrizione dei fatti – all’approssimarsi dell’esaurimento del credito sulle carte di cui aveva la disponibilità, avanzava le richieste di ricarica delle carte, e poi, in calce alla richiesta stessa, in palese conflitto di interessi, egli stesso autorizzava il prosieguo della sua richiesta (si legge sul documenti da lui solo sottoscritti: “Controllata la documentazione e riscontrata la regolarità… Si autorizza l’emissione del mandato di pagamento); anche i mandati di pagamento recano la sua sottoscrizione. Le spese in seguito effettuate non risultano, poi, sottoposte ad alcun controllo, considerata anche l’assenza di normativa interna sul punto, come riferito anche dalla difesa del convenuto».
La procura era stata più esplicita, evidenziando che «dall’esame degli estratti conto acquisiti nel corso delle indagini svolte dalla Guardia di Finanza è emerso un utilizzo delle carte da parte del presidente assolutamente illegittimo: infatti le ricariche delle stesse effettuate sulla scorta dei mandati emessi – talvolta con l’autorizzazione del solo interessato, Barbangelo – risultano essere state dallo stesso utilizzate per pranzi, acquisto beni e carburante per i quali non è stato possibile ravvisare – all’esito dell’espletata istruttoria – alcun nesso eziologico con le funzioni rivestite dal presidente».
«Nel caso che qui ci occupa – concludeva la pubblica accusa – dalla documentazione di supporto faticosamente acquisita emerge un desolante quadro di superficialità e trascuratezza dei doveri istituzionali con cui il Barbangelo, quale utilizzatore ratione officii delle carte dell’ente, ne ha fatto strame: non è stato infatti possibile riscontare alcun elemento giustificativo dei sopra riportati costi. A parte le ricevute e gli scontrini prodotti dalle attività commerciali interessate non è stata reperita dalla Guardia di Finanza delegata alcuna autorizzazione alle spese in argomento, ne sussistono elementi riconducibili ad avvenimenti di carattere istituzionale riconducibili alla “mission” del Consorzio riguardanti i giorni relativi alle consumazioni».

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