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POTENZA – Il consiglio dell’Ordine degli avvocati di Potenza in una nota diffusa ieri in mattinata ha espresso «viva preoccupazione in riferimento alle notizie sulla nuova geografia giudiziaria con il pericolo di soppressione della Corte d’appello di Potenza».
«Dopo la chiusura, due anni fa, del Tribunale di Melfi, accorpato a quello di Potenza, altre novità, a discapito dell’intera Basilicata, si intravedono all’orizzonte con la “seconda fase” della riorganizzazione degli uffici giudiziari». Spiegano i consiglieri dell’avvocatura potentina.
«Vigileremo con grande attenzione – afferma l’avvocato Giampaolo Brienza, presidente dell’Ordine -affinché non si ripetano situazioni come quelle del 2013, quando il Tribunale di Melfi, situato in una zona importantissima della Regione, è stato chiuso senza tener conto minimamente della storia e delle condizioni socio-economiche dell’area Nord della provincia di Potenza».
«Il rischio chiusura della Corte d’appello – prosegue il presidente degli avvocati di Potenza – come paventato in questi giorni, impone la mobilitazione immediata non solo della categoria forense, ma anche dei parlamentari lucani, dei consiglieri regionali, del presidente della giunta e dei sindaci tutti. Non possiamo assistere a scelte calate dall’alto, che non tengano conto delle condizioni e delle esigenze di interi territori e popolazioni. Decisioni che non sono il frutto neppure di una ponderata valutazione sull’esistenza di infrastrutture e mezzi di trasporto che possano assicurare celerità e sicurezza per gli spostamenti di cittadini, difensori e qualsiasi altra figura professionale costretti a raggiungere la sede della Corte di appello che si ritiene di dover trasferire».
«E’ sotto gli occhi di tutti la carenza e la inefficienza dei mezzi pubblici di trasporto, specie con riferimento ai collegamenti tra la nostra e le altre regioni». Insiste Brienza.
«Le strade colabrodo e le linee ferroviarie “ottocentesche” di una Basilicata, che tanto contribuisce al benessere nazionale in termine di acqua, petrolio e gas, non rappresentano un fulgido esempio di attenzione da parte del governo nazionale, né, d’altro canto, è possibile ritenere di razionalizzare il pianeta giustizia senza operare una corretta valutazione degli interessi di una comunità alla quale non si può solo chiedere».
«La Corte d’appello – conclude – deve restare a Potenza. Gli avvocati ed i cittadini non possono assistere ad un altro “scippo” ai danni della Basilicata».
A disegnare la nuova geografia giudiziaria italiana sarà una commissione del Csm che ha iniziato i suoi lavori all’inizio del mese.
Entro il 31 dicembre i commissari dovranno presentare uno «schema di progetto», con la nuova geografia di corti d’appello, tribunali e procure della Repubblica. Poi spetterà al governo decidere il da farsi: se tradurre la riforma in un disegno di legge dell’esecutivo, oppure chiedere al Parlamento una delega legislativa ad hoc.
Nel decreto istitutivo a firma del ministro della Giustizia Andrea Orlando non si fa riferimento ai criteri da adottare per riscrivere l’organizzazione dei 26 distretti giudiziari italiani, a parte la «promozione del valore della specializzazione nella ripartizione delle competenze». Nessun accenno a parametri demografici o carichi di lavoro, né a regioni, capoluoghi o le vecchie province. Una delega in bianco, insomma, che riapre scenari mai del tutto chiusi, in cui gli uffici più piccoli, come il distretto giudiziario lucano, vengono smembrati e annessi ai limitrofi. Sempre che la “salvezza” non passi per accorpamenti in senso opposto, come quello del Tribunale di Sala Consilina a Lagonegro, per cui in effetti da 2 anni a questa parte i processi di secondo grado e i fascicoli di competenza distrettuale viaggiano già dal Vallo di Diano a Potenza.
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