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IN UNA delle regioni dove il caporalato è purtroppo la norma, ecco un progetto con pochi simili in Italia, con il Sud a fare per una volta da bussola e a lenire il dolore della recente morte, nell’ospedale di Potenza, del bracciante Arcangelo De Marco, il 42enne di San Giorgio Jonico (Taranto) colpito da un malore lo scorso 5 agosto. Di cosa si tratta? «Migranti che lavorano alla coltivazione e alla raccolta di pomodori senza essere sfruttati dai caporali. Anzi, persino con un contratto regolare – scrive Chiara Baldi su Startupitalia.eu, la testata web diretta da Riccardo Luna –. Non è un sogno ma una realtà piuttosto solida, questa: si tratta di Funky Tomato, un’azienda che coltiva, raccoglie e imbottiglia pomodori a filiera partecipata. Nata da pochi mesi, Funky Tomato produce salsa di pomodoro in Basilicata, nella zona del Vulture-Alto Bradano nell’Azienda Agricola Vivai Verde Idea di Palazzo San Gervasio, e in Puglia, nell’area della Capitanata, tra Cerignola e San Ferdinando di Puglia, nelle terre concesse alla Ponte di Archimede dall’azienda Russo. “Funky” è una contaminazione tra persone: i migranti, appunto, che arricchiscono la nostra cultura. Al momento, i braccianti assunti e contrattualizzati sono quattro: Yakouba e Walim del Burkina Faso, Mamadou del Senegal e Anita, una mamma precaria di Cancellara, in provincia di Potenza. E proprio a Cancellara Funky Tomato ha preso un appartamento per i tre ragazzi – Anita ha già una casa sua – che pagherà di tasca propria. In questo modo, i ragazzi non saranno costretti a vivere nelle centinaia di baracche e casolari in cui di solito vivono i migranti sfruttati dai caporali».
Attorno a questo inedito esperimento iniziano a concentrarsi gli interesso e le simpatie di chi crede in un modello di sviluppo che non sfrutti gli anelli più deboli della catena sociale e produttiva. «Il prezzo per un chilo di salsa è di 1,70 euro – si legge sul portale – ed è più alto rispetto al prodotto industriale. Chi acquista sono principalmente ristoratori che fanno micro-distribuzione, distributori equo solidali, minori, qualche privato. Sono proprio i clienti che hanno creduto nell’iniziativa ad aver acquistato 20mila bottiglie di salsa di pomodoro, pelati e pomodori a pezzi». Intanto, la sfida interessa non solo l’aspetto economico ma anche, o soprattutto, quello sociale. L’integrazione a filiera corta? In Basilicata è possibile.

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