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POTENZA – Non si è nemmeno presentato ieri mattina in prefettura l’amministratore di Cedelt spa, la ditta di Avellino che ha aperto i cantieri delle ultime centrali eoliche realizzate in Basilicata. Incluso quello di San Nicola di Melfi che da martedì è presidiato da fornitori e subappaltatori in rivolta per il blocco dei pagamenti scattato a luglio, proprio sul finire dei lavori, quando Cedelt ha depositato in Tribunale una richiesta di concordato “in bianco”, lasciando il “buco” sotto i loro piedi.
L’incontro col vicario Rosa Correale dei rappresentanti di Vultur Security, Calmer, Uil e altre ditte che hanno lavorato per mesi all’installazione di centinaia di pale eoliche, si è aggiornato a brevissimo, non appena verranno raggiunti i rappresentanti delle società committenti delle 3 nuove centrali melfitane, Alfa Wind, Ewe, e Breathe.
Oltre ovviamente a quello di Cedelt a cui verrà rinnovato l’invito a una discussione tesa a trovare una soluzione al problema che si è creato.
Intanto resta ferma l’intenzione di proseguire a oltranza il picchetto di fronte all’ultimo cantiere aperto, che è quello della centrale Ewe.
Fornitori e subappaltatori che negli scorsi mesi hanno portato avanti il più grande cantiere aperto di energie rinnovabili in Italia rischiano di finire sul lastrico a causa della richiesta di concordato “in bianco” presentata a luglio dalla ditta di Avellino (con immediato blocco dei pagamenti). Per qualcuna di queste si tratta del 40%-50% del fatturato di un anno che, dopo il crollo delle commesse pubbliche, si annunciava “benedetto” dalla congiuntura provocata dallo sblocco repentino in Regione di una serie di autorizzazioni per centrali eoliche avviate nel lontano 2011. Con ciò che ne è derivato, soprattutto in termini di investimenti, per mettersi in condizione di rispondere all’arrivo di questa improvvisa domanda di beni e servizi necessari alla realizzazione in pochi mesi di centinaia di nuove pale: dal calcestruzzo al tondino di ferro, passando dalla manodopera e la vigilanza.
C’è chi rischia il tracollo, insomma, con decine di licenziamenti e capannoni abbandonati in quello che domani potrebbe diventare il “cratere” dell’eolico lucano.
Per questo adesso non intendono arretrare nonostante la minaccia delle penali che la ditta committente, Ewe srl, potrebbe applicare alla stessa Cedelt in caso di mancata consegna delle opere e collaudo entro martedì, riducendo ancora la loro speranza di rientrare dei crediti sospesi.
A dare il via alla protesta è stato proprio un gruppo di vigilantes della Vultur Securuity e di dipendenti della Calmer e altre ditte della zona. Dopo l’invio di una comunicazione alla Vultur Security, in cui la Cedelt li congedava dal servizio per cui da tre mesi non vengono pagati, annunciando la fine dei lavori e la partenza da Melfi venerdì.
Viste le pendenze accumulate con loro e tanti altri fornitori e subappaltatori della zona, a qualcuno deve essere sembrata una “fuga col bottino”. Di qui l’idea del blocco, per ottenere garanzie sulla copertura di un “buco” stimato sugli 8-10 milioni di euro, distribuiti tra una decina di piccole e medie aziende melfitane, più altre della vicina Puglia.
Poi si sono aggregati altri lavoratori e altre ditte, che al momento si stanno avvicendando all’ingresso del cantiere per impedire ai mezzi della Cedelt di entrare e uscire.
A luglio una delegazione delle imprese del melfitano “colpite” dalla richiesta di concordato preventivo avanzata in Tribunale da Cedelt, con il conseguente blocco dei pagamenti, era stata ricevuta a via Anzio dall’assessore alle Attività produttive Raffaele Liberali. Ma se ad agosto si è trovata una soluzione per quelle impegnate sui cantieri di Genzano, all’insegna dell’«interesse strategico» che ricoprono questo tipo di progetti, per loro non c’è stato nulla da fare.
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