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POTENZA – Il loro sogno? riuscire a raggiungere il Nord Europa: Olanda e Danimarca in primis dove hanno parenti o dove la loro comunità è presente e già integrata.
Dopo avere sfidato il mare ed essere stati tratti in salvo dalle motovedette della Guardia costiera sono sbarcati a Trapani e a Vibo Valentia. Ma il loro viaggio a bordo di quei gommoni non è terminato né in Sicilia né in Calabria. Ognuno ha preso una direzione diversa. C’è chi è arrivato a Livorno e chi a Potenza. In comune, oltre il sogno di raggiungere il Nord Europa, hanno la provenienza: l’Eritrea dove da anni è in corso una guerra civile spietata che non ha risparmiato nessuno. Ma purtroppo solo ora, che le rotte dei profughi siriani in primis sono cambiate, ci si accorge che i viaggi della speranza – o meglio quelle traversate a bordo di imbarcazioni di fortuna dove ci si gioca la vita a testa o croce – hanno volti e nomi eritrei.
Come eritree sono quelle 20 persone, tra cui due donne, entrambe di 36 anni, al quarto mese di gravidanza e 12 minori accompagnati da uno o da entrambi i genitori, che da un paio di giorni sono stati accolti dal Centro di prima accoglienza “Manteca” di Potenza.
“Manteca” è solo «uno dei centri – spiega il responsabile Michele Frascolla – convenzionati con la Prefettura».
Fino a oggi a “fare notizia” sono stati solo i profughi siriani. Forse perché sulla Siria si sono concentrati i mass media che hanno tralasciato eritrei, etiopi, somali e sudanesi. Tutti profughi che portano sul corpo, in maniera più o meno evidente, i segni di mesi e mesi di prigionia e torture a cui sono stati sottoposti in Libia – da dove si imbarcano – insieme a fame, infezioni , violenze sesuali e lutti. Perché tanti sono morti ben prima di sfidare la sorte affrontando il mare.
Per i 20 giunti nel capoluogo «la vita – racconta Frascolla – è cambiata dalla sera alla mattina». E tutto ciò è stato possibile «grazie – ha precisato Frascolla – a una città che, senza che noi di “Manteca” avessimo chiesto nulla, ma solo con il passaparola, in poche ore ha messo a nostra disposizione vestiti, scarpe, generi alimentari, pannolini» che almeno fino a quando «non arriveranno altri profughi» ci bastano e ci avanzano.
Ed è «questa macchina della solidarietà che si è messa in moto da sola» che davvero «ha colpito tutti noi».
Il fatto che oggi queste persone sono al riparo putroppo, però, non significa che le ferite – del corpo e dell’anima – siano scomparse ma di «certo c’è che questi bimbi, questi uomini e donne oggi hanno una casa dove ognuno di loro ha potuto ricreare una condizione di vita intima e familiare».
E sì una casa perché «tutti i profughi che fino a oggi abbiamo accolto noi li abbiamo sempre ospitati in appartamenti di varie metrature». Appartamenti – “Manteca” paga affitti a prezzo di mercato – che si trovano tutti a rione Lucania che è diventato un quartiere simbolo dell’accoglienza e dell’integrazione.
Una «scelta, quella di affittare delle abitazioni, per ridare loro quella dignità che la maggior parte di loro credeva fosse ormai persa». Una cosa, infatti, è dormire in tende montate nei centri di prima accoglienza «un’altra è vivere in appartamenti dove ciascuno di loro può riappropriarsi della sua quotidianità». Quotidianità che significa anche «potersi preparare da mangiare o semplicemente aprire la porta, uscire di casa e socializzare con i potentini». Potentini «che – ribadisce Frascolla – in autonomia ci hanno portato di tutto» e che «sono certo non mancheranno di aiutarci quando in città arriveranno gli altri profughi».
E se la Potenza dell’accoglienza ha dato dato tanto in poche ore «quello in cui confidiamo davvero è lo snellimento delle pratiche burocratiche che consenta a queste persone di non dovere attendere un anno (questa purtroppo la media n.d.r.) per vedersi riconosciuto lo status di rifugiati politici o di profughi».

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