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POTENZA – Un laboratorio urbano in materia di innovazione alla terza festa di Cgil Basilicata, che si è conclusa domenica sera in piazza Don Bosco. Lumi è l’acronimo dal chiaro intento evocativo di un laboratorio nato con lo scopo di ragionare insieme sull’uso degli spazi pubblici, e di capire da vicino come la gente vive la strada.
Un’analisi sociologica, prima che architettonica, funzionale all’elaborazione di nuove strategie tese a migliorare lo stile di vita degli abitanti di una determinata area. È un confronto, dunque, tra esperti provenienti da diversi ambiti finalizzato a fornire suggerimenti e proposte concrete sia agli amministratori locali presenti alle sessioni dei workshop, sia alla comunità.
Più di trenta i partecipanti suddivisi in gruppi di lavoro con precisi compiti: fotografare le situazioni significative, motivare le osservazioni, utilizzare segni grafici riconoscibili, e soprattutto essere social! La zona di Potenza sottoposta ad analisi è quella che comprende piazza Don Bosco, viale Firenze e piazza Bologna.
Quattro gli ambiti di studio: la rete pedonale, gli spazi verdi, i modi d’uso dello spazio e la descrizione dei luoghi, prestando attenzione al rapporto tra strade, marciapiedi, altezza degli edifici e verde.
Lo slogan delle due giornate non può che essere “coltivare lo spazio pubblico”.
«Nel percorrere il territorio ci siamo confrontati con le persone in maniera casuale – spiega Gerardo Sassano membro di Nur, laboratorio di partecipazione e ricerca, e di Paesaggi Meridiani – abbiamo notato che varie sono le forme di appropriazione degli spazi pubblici messe in campo dagli abitanti della città. È sicuramente un segnale positivo perché denota un particolare interesse delle persone nei confronti del territorio».
«Questo esperimento è servito a capire quanto possa essere importante la collaborazione tra pubblico e privato – sottolinea Antonio Graziadei, presidente di Paesaggi Meridiani – anzi siamo convinti del fatto che il pubblico debba incentivare di più le spontanee forme di cura degli spazi comuni. Lumi ha dato vita a un vero e proprio metodo di ricerca visto che ogni partecipante ha seguito un vademecum e ha scattato foto poi confluite in un sito. Un’intera area è stata mappata. Si tratta sicuramente di un esperimento replicabile ed estendibile a aree più vaste e a comunità più strutturate».
«Vogliamo spostarci anche in altri quartieri creando un vero e proprio format – dice Michele Cignarale, coordinatore di un gruppo di studio sull’etnografia digitale – è un esempio di democrazia partecipata in cui la responsabilità sociale è il punto di partenza. Le ricerche effettuate confluiranno in una mappa territoriale in Open Data. Lavorare con le nuove tecnologie significa arrivare a tutti. Molti, infatti, in questi giorni si sono accorti di noi. Ieri c’è stato un confronto con TriesteSocial e una diretta streaming con la Facoltà di Architettura di Alghero. L’hashtag Lumi 2015, inoltre, è stato uno degli argomenti più seguiti su twitter. Siamo stati premiati dalla rete. Nei prossimi incontri discuteremo della possibilità di candidare un progetto finanziabile con le risorse comunitarie del programma Quadro europeo per la ricerca e innovazione Horizon 2020».
Si prevedono scenari alternativi nella vita degli spazi urbani, l’importante è continuare a incentivare il coinvolgimento dal basso.
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