3 minuti per la lettura
POTENZA – Contavano di chiudere il cantiere della loro ultima centrale eolica melfitana venerdì; intascare il saldo degli ultimi lavori effettuati dalla committente; e lasciare fornitori e subappaltatori all’asciutto da luglio, in attesa di un concordato che al momento resta ancora in bianco. Ma appena si è sparsa la voce è scattata la protesta e una trentina di vigilantes e operai hanno bloccato tutto.
Non sono mancati momenti di tensione ieri mattina a San Nicola di Melfi in località Bizzarro, dove un gruppo di dipendenti di Vultur Security, Calmer e altre ditte della zona ha impedito ai lavoratori della Cedelt spa di entrare nell’area cantierata dove si sta completando l’allaccio alla rete Terna delle pale della Ewe srl.
Il picchetto è partito in seguito all’invio di una comunicazione ai vigilantes, in cui la Cedelt li congedava dal servizio per cui da tre mesi non vengono pagati, annunciando la fine dei lavori e la partenza da Melfi di qui a 4 giorni. Giusto in tempo per avviare rotori e turbine entro la data del 15, e incassare il compenso per la consegna dell’opera finita senza incorrere nelle penali previste per il ritardo.
Viste le pendenze accumulate con loro e tanti altri fornitori e subappaltatori della zona, a qualcuno deve essere sembrata una “fuga col bottino”. Di qui l’idea del blocco, che dovrebbe proseguire fino a quando non verranno date garanzie sulla copertura di un “buco” stimato sugli 8-10 milioni di euro, distribuiti tra una decina di piccole e medie aziende melfitane, più altre della vicina Puglia.
Per qualcuna di queste si tratta del 40%-50% del fatturato di un anno che, dopo il crollo delle commesse pubbliche, si annunciava “benedetto” dall’avvio in Basilicata del più grande cantiere italiano di energie rinnovabili aperto negli ultimi tempi. Una congiuntura provocata dallo sblocco repentino in Regione di una serie di autorizzazioni avviate nel lontano 2011. Con ciò che ne è derivato, soprattutto in termini di investimenti, per mettersi in condizione di rispondere all’arrivo di questa improvvisa domanda di beni e servizi necessari alla realizzazione in pochi mesi di centinaia di nuove pale: dal calcestruzzo al tondino di ferro, passando dalla manodopera e la vigilanza.
C’è chi rischia il tracollo, insomma, con decine di licenziamenti e capannoni abbandonati in quello che domani potrebbe diventare il “cratere” dell’eolico lucano. Proprio mentre i vertici della Regione rilanciano sull’energia rinnovabile, e si preparano ad aumentare la produzione autorizzata, per dare via libera ad altre centrali ancora.
A luglio una delegazione delle imprese del melfitano “colpite” dalla richiesta di concordato preventivo avanzata in Tribunale da Cedelt, con il conseguente blocco dei pagamenti, era stata ricevuta a via Anzio dall’assessore alle Attività produttive Raffaele Liberali. Ma se ad agosto si è trovata una soluzione per quelle impegnate sui cantieri di Genzano, più indietro di quelli di San Nicola di Melfi, all’insegna dell’«interesse strategico» che ricoprono questo tipo di progetti, per loro non c’è stato nulla da fare.
La Cedelt spa di Avellino è stata a lungo considerata l’’azienda «leader del settore», e alla fine dell’anno scorso si era accaparrata praticamente tutte le commesse degli ultimi progetti autorizzati in regione.
Di recente aveva chiuso un cantiere anche in Sicilia, dove secondo la Direzione distrettuale antimafia di Palermo avrebbe intrattenuto rapporti economici con un «cugino-prestanome» di Matteo Messina Denaro, titolare di una ditta di costruzioni, finendo per subire il «controllo» di cosa nostra nell’assegnazione di alcuni subappalti.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA