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MATERA – Uno sguardo a 360 gradi sui temi caldi della città, sul futuro di Matera e sulla sfida del 2019. Vincenzo Viti anticipa il dibattito dell’autunno.
Le polemiche di questi giorni sul bilancio fanno emergere una forte tensione ancora presente
«Viviamo un singolare “dopoguerra” in un città che deve recuperare unità e voglia di crescere e di lottare. E’ deludente al di là di alcune singole voci il comportamento di una opposizione che si è collocata sulla collina e coltiva una reattività improduttiva contando sull’improbabile smemoratezza di una città che sa bene che la nuova Amministrazione sta gestendo uno scampolo di bilancio per la quasi totalità ipotecato dalla vecchia e una coda drammatica di problemi lasciati insoluti. Ciò non toglie che De Ruggieri, che ha raccolto il mandato di larga parte della città, non debba offrire alibi, debba muoversi con sobrietà e rigore e puntare subito su tre o quattro scelte di fondo ( a partire dal Piano Strategico ) e su alcune emergenze gravi (vedi i rifiuti, problema su cui vengono anche da 5 Stelle proposte utili e riflessive). Vi è poi il tema di come organizzare l’accoglienza in termini di modernità, efficienza e sussidiarietà definendo un modello e una pratica di Governo che superino le insufficienze finora riscontrate e tuttora evidenti».
Gli strumenti di pianificazione della città restano il nodo fondamentale
«Il Piano Strategico è essenziale. Va ripensato anche perché la bozza della proposta a suo tempo consegnata al Comune appare approssimativa quindi né congrua né condivisibile. Aggiungo che, come accadde lustri addietro per la Giunta Gallo, un’idea progettuale adeguata non potrebbe che uscire dal vivo di un dibattito popolare aperto alle migliori competenze, supportata da un’aggiornata analisi su come è cambiata la città, la sua qualità sociale, la sua composizione per classi e ceti e su quale più adeguata governance, soprattutto dotata di una nuova struttura dirigente che integri ed elevi quel che rimane di un’ossatura datata e fiaccata da una storia che l’ha finora estenuata».
Il 2019 e’ sempre piu’ vicino. quale sara’ il futuro della Fondazione?
«Sulla Fondazione è bene esser chiari. Anch’essa va rimessa nella condizione di dotarsi di una strategia, di un pensiero. Che non può essere solo quello che recita il Dossier: documento utile, una cornice letteraria e sentimentale che ha certamente saputo costruire un “appeal” con il resistente, tuttora vitale estetismo che, a mio avviso, altro non è se non la replica alla assenza di grandi costruzioni di futuro e di speranza in una stagione drammatica quale l’attuale. Una lettura quindi di fine ciclo a cavallo fra coltivazione della memoria ed aneliti a futuribili molto open. Quindi la Fondazione dovrà darsi un’identità che piloti una vera transizione antropologica, culturale, civile e perché no, politica, offrendo alla Amministrazione schemi di riferimento progetti e illuminazioni che dovranno fertilizzare l’azione di sviluppo e di cambiamento che essa dovrà realizzare in uno stretto, vitale e coerente coordinamento».
La sua composizione subirà cambiamenti profondi?
«La definizione dell’essenza della Fondazione non potrà prescindere dalle qualità e dal profilo della rappresentanza e della struttura chiamate a dirigerla. Ciò significa un Presidente che origini da un mandato forte di Comune e Regione, che segni una chiara ed oggettiva “differenza” sul piano della eccellenza intellettuale, morale e civica, che ridisegni la governance a partire dal cuore direzionale e ne selezioni i profili attraverso procedure di evidenza pubblica. Io sono contro abiure e decapitazioni, soprattutto se le scelte saranno frutto di meccanismi chiari e trasparenti. Tuttavia, pur se non mi sfugge il valore delle competenze messe finora in campo e del lavoro compiuto e quindi considero che essi vengano considerati, sono contro privative e mitizzazioni. Aggiungo che considero indispensabile che vengano recuperate esperienze di straordinario valore quali quella di Antonio Calbi ch’è stato delittuoso ed autolesionista disperdere».
Un recente dibattito fra il presidente della Regione Puglia, Emiliano e Marcello Pittella aveva riaperto il caso
«Le sortite di Emiliano e di Pittella in ordine al futuro della Fondazione non credo intendessero prescindere da una corretta e trasparente valutazione di tutte le competenze di cui disponiamo. Mi è parsa peraltro simpatica, e come tale è da commentare, la invasività proteiforme del Presidente della regione Puglia su un terreno così delicato e in un tempo politico che è radicalmente cambiato, come si può osservare ad occhio nudo».
In questo percorso anche la citta’ dovrà fare la sua parte, così come la struttura in se’, chiamata a sfide sempre piu’ importanti
«Quando parlo di strutture dirigenti della Fondazione mi riferisco alla qualità complessiva della squadra. Anche qui occorre un’ulteriore spinta a rafforzare e raffinare le competenze sul piano della elaborazione e della comunicazione. Un lavoro, come si vede, impegnativo. Al quale la città non potrebbe rimanere estranea. Qualche giorno fa, in una conversazione privata mi è pervenuto un suggerimento che, una volta affinato, potrebbe rilevarsi utile nelle scelte dei vertici rappresentativi della Fondazione: definirne i profili curriculari, inquadrarli anche in un ideale “pantheon” della storia civile di Matera, (e non solo), misurarne caratura politica, qualità professionale, statura civile. E poi trovare il modo di “interrogare”, nelle forme possibili e idonee, la città perché esprima una valutazione e si iscriva fra gli interlocutori attivi del Potere che sarà chiamato a provvedere».
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