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BRIENZA – “Il tic del click”. Come il dito che picchia sul mouse, come il pollice che preme sul cappuccio di una penna a sfera per far uscire la punta, come il tasto di una vecchia macchina fotografica. Strumenti che indicano un passaggio. Tecnologico, sociale, cognitivo, di apprendimento.
Ecco perchè lo specchio di questi cambiamenti è – o, forse, dovrebbe essere – la scuola. Quella di una volta, è da ieri pomeriggio in esposizione a Brienza nel castello attraverso le fotografie, guarda caso, di un maestro, Franco Lombardi, che ha insegnato a Brienza tra gli anni ‘50 e ‘70. Dall’archivio del maestro Lombardi è possibile tracciare il racconto della scuola attraverso i volti dei suoi protagonisti: i docenti e gli alunni.
Una mostra che – pur non volutamente da parte degli organizzatori, l’associazione “Parco tematico Potenza storica” – arriva in un momento cruciale per la scuola italiana, animata da dibattiti, polemiche, scioperi e manifestazioni soprattutto da parte dei così detti precari. Rinvangare il passato forse non serve ma recuperarlo, per cogliere gli aspetti positivi, preservarli e migliorarli sì. La riflessione arriva proprio da una delle maestre incorniciate negli scatti di Lombardi. Anna Ammirati, campana ma lucana d’adozione, vive a Brienza da 44 anni ed ha insegnato alla scuola elementare fino a 5 anni fa. «Il passato – dice – non va distrutto ma recuperato e messo a confronto con le esigenze di oggi».
Del passato, per esempio, andrebbe recuperata la parte più “nozionistica” della scuola: «Leggere, scrivere e fare di conto. Oggi esistono ragazzini che alle scuole medie non conoscono il corsivo. La scuola di un tempo certamente era autoritaria e classista per certi aspetti ma aveva il grande merito di formare generazioni nella penuria dei mezzi».
Oggi che i mezzi ci sono, quindi – la maestra Ammirati non demonizza affatto le nuove tecnologie – ritiene che «certe fasi» non debbano essere trascurate. E per ridare una giusta dimensione al “leggere, scrivere e fare di conto” «non bisogna andare di fretta. Oggi si va troppo di fretta. I bambini sono intelligentissimi ma prendono tutto come se fosse usa e getta». Ecco dunque che la riforma «se di riforma si vuole parlare – dice – vera e reale, deve tener conto di tutto questo. Non solo degli aspetti occupazionali, per quanto sia giustissimo occuparsene. Una vera riforma deve riguardare i programmi, la didattica».
Il vero problema non sarebbe nè la valutazione – «noi – dice – eravamo sempre sottoposti a valutazione. Appena ho cominciato, negli anni 70, venivano a farci visita sempre gli ispettori» – nè lo spostamento degli insegnanti da una regione all’altra – «io – continua – mi sono trasferita da Napoli a Brienza, in campagna, e per due anni ho anche insegnato a Foggia» – ma il recupero di una dimensione educativa della scuola. Ida Lombardi è insegnante anche lei, come suo padre Franco e sua madre Lillina .
Da loro ha preso la passione per la scuola, «l’amore per il lavoro – racconta – Gli alunni venivano prima di tutto, soprattutto i più deboli, quelli che andavano aiutati. Oggi purtroppo questo è difficile: anche per mancanza di lavoro, ci si butta dove si può».
Franco lo ricorda sempre con la macchina fotografica in mano e Brienza, dove ha vissuto fino a dici anni, per le estati e i giochi in strada. Della riforma, della discussione in atto su scuola e insegnanti crede che «a essere rivalutato non è il ruolo dell’insegnante, in passato considerato un’istituzione a differenza di adesso, ma l’impostazione educativa, fin dalla famiglia. Se sappiamo trasmettere dei valori, veri e reali, di conseguenza riabilitiamo anche la figura dell’insegnante».
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