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ALIANO (MT) – Da Alassio ad Aliano: l’ultimo viaggio di Carlo Levi, che tornerà idealmente nel borgo in cui fu confinato ottant’anni fa. Vittorio Sgarbi, ospite l’altro ieri sera del festival nel centro della Val d’Agri, ha riconosciuto un autoritratto di Levi conservato nella cittadina ligure: l’anno prossimo potrebbe essere una delle novità dell’edizione 2016 assieme al borgo-albergo nei locali sopra l’auditorium. E il Comune pensa anche di mettere in ordine l’immenso patrimonio di inediti che contribuirà a ricostituire il Fondo Levi. Intanto, nell’immediato, facendo leva sul triplo anniversario allineatosi in questo 2015 (ottant’anni dell’arrivo, settanta dalla pubblicazione del “Cristo” e quaranta dalla morte), le iniziative continueranno anche dopo la fine della festa di Arminio&co. Il 18 settembre – anticipa il sindaco Luigi De Lorenzo introducendo il dialogo con Sgarbi – dovrebbe passare da Aliano Michele Placido, ma nei mesi a seguire sono in programma e in via di definizione altri eventi da Matera a Firenze.

Poi tutta l’attenzione è per il critico d’arte. Che a sorpresa apre citando un pantheon sinistrorso nel paragonare il «profeta disperato e solitario Franco Arminio» a Guido Ceronetti e Pier Paolo Pasolini – cantori di un’Italia delle bruttezze che ancora oggi oscura le bellezze come Aliano – e ancora a Carlo Petrini, fondatore di Slow Food che «avrebbe dovuto dirigere il Padiglione Italia dell’Expo al posto della Bracco» o a Carmen Pellegrino, “abbandonologa”, figure che al pari dei “paesologi” sono destinate nel tempo ad aumentare. «Levi – afferma Sgarbi – era una figura molto meno significativa di Arminio. Pittore non eccelso che nel pannello composto a Matera per i 100 anni dell’unità d’Italia (1961) tratteggia delle donne nere e dolenti. Solo Rocco Scotellaro è illuminato. È una scena di miseria irredimibile, la stessa che troviamo nel “Cristo si è fermato ad Eboli”. Una visione arcaica e deterministica. Oggi Levi sarebbe sconvolto se vedesse la Matera moderna». Certo senza Levi non ci sarebbe La Luna e i Calanchi. O forse sì: «Arminio ha tratto vantaggio da un elemento particolare: la star qui è Carlo Levi, è una ragione in più per venire, ma il suo passaggio di qui è l’elemento forse meno significativo». Poi il tormentone eolico: «Si parla di sviluppo sostenibile, una parola orrenda, e invece assistiamo a un progresso insostenibile che però viene sostenuto. Come mai Toscana e Dolomiti sono intoccabili e invece si parla di mettere le pale eoliche da San Nicola Arcella e a Troia non si può osservare la cattedrale di giorno perché è assediata da 200 pale tutto intorno? Mettetevele nel c… Dove sono presidenti di Regione, assessori, ministri dell’Ambiente e sindaci? Certo, rispetto alla distruzione di Palmira almeno siamo davanti a mostri che almeno si possono eliminare. Ma il vero problema è che noi non abbiamo l’Isis ma amministratori e politici».

Risate ed applausi dal pubblico. «Voi qui siete sentinelle militanti. Prima, d’estate, andavo da Roberto Cavalli in Sardegna. Sono passato da Cavalli ad Arminio ma non per un fatto di età: mi sento più vicino a queste situazioni. Quello che sta facendo Franco è qualcosa di storico: la Basilicata è la regione guida e Aliano è un modello per la Basilicata. Matera è stata salvata dallo stereotipo di luogo pittoresco, come Alberobello qualche anno fa può fare da mosca cocchiera. Certo, il rischio di diventare negozietto come San Marino è dietro l’angolo, ma da qui il Sud può iniziare a rinascere come è accaduto a Lecce. Aliano, assieme a luoghi come Venosa, Melfi e Palazzo San Gervasio può rappresentare la bellezza sanata e collegata al 2019: come è accaduto in passato per Venezia, basta puntare sulle peculiarità dei luoghi. La conservazione della meraviglia è la strada per cui l’Italia può essere quello che è: il governo lo sappia. L’Italia dei paesi abbandonati è l’Italia giusta e vera».
La conservazione della meraviglia di Sgarbi è parente stretta della «banca dell’arcaico» teorizzata da Arminio: «Se percorrete la Bradanica, da Candela a Matera, vedrete che ai lati non ci sono né pompe di benzina né capannoni. È com’era mezzo secolo fa tutta l’Italia. Il vuoto è il futuro. Certa sinistra leninista descriveva la povertà di questi luoghi come un problema per cui emigrare era l’unica scelta. E intanto, così, sono nate l’Ilva e Bagnoli». Concetto ripetuto nei parlamenti lungo i sei giorni della festa, quello di assenza che diventa essenza: «Sui calanchi non si può coltivare grano ma poesia e canti. Come è accaduto a Matera, un luogo orrido può diventare meraviglioso. Siamo, siete dei ricchi possidenti: tutto questo è nostro. Ma i calanchi, come il silenzio, fanno bene per un giorno. E poi? Dobbiamo puntare sulle nostre mitologie, non copiare il peggior nord: nei bar e nelle case vorrei vedere più immagini di Scotellaro e meno di Hollywood. Il Meridione d’Italia è solo qui: è il Mediterraneo interiore, sono i limoni e la nebbia assieme, il freddo e il caldo. È un errore storico pensare che il Sud sia solo mafia. Dite il nome del vostro paese, non dite “abito a Napoli”. Paesani? Un luogo più è piccolo più è grande. E questo è un incontro militante».

È d’accordo Vittorio Sgarbi: «Il Molise è deturpato dall’eolico mentre qui, nella trincea Aliano, sanno che ci siete voi e quelle cose non possono farle. Allarghiamo la trincea, smontiamo le pale eoliche, sì, ma intanto evitiamo che le costruiscano, in tutto il Sud. Il mio articolo sul Giornale non era contro Franco Arminio, era un incitamento a essere più cattivo, più agguerrito: ci vogliono tanti piccoli Arminii, dobbiamo “arminare” la Basilicata. Come è accaduto a Pienza, potete sviluppare un’idea di sviluppo lontana dall’aggressione dei luoghi, Firenze e Venezia sono bellezze consumate che attraggono come un luogo comune». Anche su sollecitazione di più di una voce dal pubblico, il discorso non può non deviare verso il petrolio e il finanziamento regionale con le royalties delle multinazionali dell’oro nero: è lo stesso Arminio ad aprire spontaneamente il discorso, attacca per non doversi difendere: «Io mi impegnerò ancora di più contro il petrolio, lo farò non per una battaglia ideologica ma per gli occhi arrossati degli anziani di Gorgoglione, uno dei “paesi della bandiera bianca” sventolata dalle “tribù dell’artrosi”. Il sindaco di Craco ha detto che nella mia bozza del progetto sulla Collina Materana manca il “ruggito modernizzatore”, ma io non sono né conservatore né contemplativo, è facile attaccare i poeti perché non si occupano di cose concrete. E poi, da un lato mi si accusa di essere bucolico, dall’altro di prendere i soldi del petrolio. Posso rispondere dicendo che sono il campione dell’ecologismo radicale e solo il Papa mi è alleato. Prometto che non farò più il festival se la Regione lo finanzierà di nuovo con i residui. Ma poi sono i lucani a dover combattere. Io naturalmente sarò al vostro fianco».
C’è spazio anche per Carlo Vulpio, inviato del Corriere della Sera invitato a parlare e applaudito (e torrenziale) polemista dopo le iniziali rinunce a voler parlare: «Matera non meritava il titolo. Deve ringraziare Olivetti. Ma ancora oggi è senza una stazione ferroviaria, da Bari s’impiega in treno lo stesso tempo di un secolo fa. Altro che Tav, questo è il Tal: il treno ad andamento lento. E di elogio della lentezza davvero non sappiamo che farcene». Poi l’eolico: «Il Piano energetico regionale parla di un miliardo e 200 milioni in 25 anni, un affare più remunerativo del mercato della droga. La vera trattativa dello Stato è questa, come ha scritto Vittorio sul Giornale, altro che quella con la mafia o durante il sequestro Moro». Temi troppo grandi, ma di certo più piccoli della Luna quasi piena che allaga d’argento i Calanchi. Appuntamento all’anno prossimo.

e.furia@luedi.it

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