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POTENZA – Un altro buco nell’acqua, come già era stato per il consigliere M5S, Gianni Leggieri, che aveva sostenuto (beccandosi anche una querela), il mancato ricorso della Regione alla Corte Costituzionale contro il decreto attuativo dell’articolo 38 dello Sblocca Italia. Questa volta, sempre in tema di petrolio, la smentita di viale Verrastro arriva rispetto alle accuse di No Triv Policoro.
L’associazione ambientalista, solo un giorno prima, aveva accusato la Giunta di non aver provveduto, a differenza di Puglia e Calabria, a impugnare il decreto con cui i Ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali, lo scorso giugno, aveva dato parere favorevole all’istanza della Enel Longanesi per ricerche nel Mar Jonio.
«Ancora una volta notizie false e tendenziose», tuonano dal Palazzo i responsabili dell’Ufficio legale, gli avvocati Pasquale Golia e Anna Carmen Possidente. Contrariamente a quanto sostenuto dal movimento ambientalista dello Jonio, pubblicato anche dalla stampa, la Regione Basilicata non solo ha presentato il ricorso, ma lo ha fatto anche prima delle altre regioni: l’atto con cui si chiede l’annullamento del decreto interministeriale del 12 giugno scorso – riferisce l’ufficio legale – sarebbe stato predisposto il 4 e presentato il 7 agosto scorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.
Dunque, anche questa volta, la Regione rispedisce al mittente le accuse di immobilismo e disattenzione rispetto alla minaccia di nuove trivelle in terra lucana.
Non solo. Gli avvocati della Regione colgono anche l’occasione per spiegare quali sono le motivazione riportate del ricorso: “il decreto appare immediatamente viziato da illegittimità ed eccesso di potere, nonché viziato da vari profili di illegittimità costituzionale, presentando evidenti violazioni di norme costituzionali e trattati internazionali”.
Gli avvocati spingono soprattutto sul fatto che il decreto è stato emanato senza tener conto della ferma opposizione manifestata dalle Regioni interessate, quando, invece, è fondamentale tutelare l’ambiente, il benessere, la salute dei cittadini, così come è prioritario difendere e tutelare il territorio, l’ecosistema locale e le sue risorse paesaggistiche (terrestri e marine). E’ stato violato, secondo la Regione Basilicata, anche il principio di precauzione, in quanto il progetto a cui è stato dato il via libera non prende in considerazione il rischio dovuto all’impatto sull’ecosistema a causa delle conseguenze derivanti da fatti meramente naturali e non necessariamente da errore umano, dovuti a possibili fuoriuscite di gas, o a fenomeni di blow-out di gas durante la perforazione.
Il decreto interministeriale – fa sapere ancora l’ufficio legale – è stato impugnato anche “per violazione di legge ed eccesso di potere”.
“Il decreto – spiega l’ufficio legale della Regione – è privo di qualsivoglia motivazione, in spregio alla previsione contenuta nell’art. 26 del Dlgs n. 152 del 2006: nulla, infatti, si legge a giustificazione dell’omessa considerazione delle osservazioni in senso contrario espresse dalle Regioni Puglia, Calabria e Basilicata, dai cittadini e dalle associazioni nel corso del procedimento”.
Secondo la Regione Basilicata, inoltre, “è fuor di dubbio che le possibili fuoriuscite di gas ed i fenomeni di blow-out di gas durante la perforazione produrranno un forte impatto ambientale ovvero un ingente danno ambientale” e quindi si configurerebbe la violazione dell’art. 5 comma 1 lett c) del Dlgs n. 152 del 2006. Nel ricorso è specificato che il decreto n. 122 andrebbe a violare, tra l’altro, una serie di accordi, di direttive europee in materia di tutela ambientale, ma anche “gli obiettivi e le finalità del redigendo Piano regionale delle coste (attualmente in procedura V.A.S.), del vigente “Piano regionale di utilizzo delle aree demaniali marittime”, e del Dlgs 190 del 2010, meglio conosciuto come Strategia Marina “e di tutti gli regionali connessi e collegati ad esso”.
marlab
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