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POTENZA – Inserire il Golfo di Taranto tra le aree in cui non si possono avviare attività estrattive: la proposta è stata avanzata ieri a Roma durante l’incontro dei rappresentanti delle Regioni con il sottosegretario Vicari.
Un tavolo, quello incastrato tra la Commissione Ambiente del mattino e l’incontro tecnico-politico con il ministro Guidi, nel quale il caso Enel-Longanesi ha avuto un lungo focus: le Regioni interessate – con la Basilicata anche la Calabria e la Puglia – hanno espresso una posizione netta e compatta, chiedendo in pratica una moratoria.
Ma il “fermate le macchine” non è stato preconcetto bensì argomentato con gli strumenti legislativi disponibili: in particolare, è stato fatto riferimento all’articolo 4 della legge 9/91 in cui vengono inserite le aree in cui è impossibile procedere alle trivellazioni. L’articolo in questione (“Divieto di prospezione, ricerca e coltivazione”) recita che «la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi è vietata nelle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi, fatti salvi i permessi, le autorizzazioni e le concessioni in atto».
La strategia del dialogo – rivendicata e auspicata anche l’altro ieri in Consiglio dal governatore a proposito del referendum – continua il suo iter dopo il summit dei giorni scorsi a Termoli, dove le tre Regioni hanno fatto “cartello” con Abruzzo, Marche e Molise licenziando poi un manifesto che, scritto dall’assessore regionale all’Ambiente Aldo Berlinguer e sottoscritto dai rappresentanti delle altre Regioni, fissa in 5 punti i paletti di «un indirizzo politico-amministrativo comune» in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare.
Si tratta di «una carta aperta, un “cantiere” a vocazione europea con cui intendiamo chiedere altre adesioni», ha commentato Berlinguer.
Il manifesto era stato presentato in mattinata nella Commissione Ambiente capeggiata dal Piemonte e composta da tutte le Regioni: essendo fuori dall’ordine del giorno, la carta di Termoli non è stata adottata formalmente – probabilmente il passaggio si consumerà dopo la pausa estiva – ma in Commissione ci sono state già una presa d’atto e una discussione in merito. In questa sede è stata invece recepita la direttiva comunitaria 30/2013, esito di un dibattito politico sulla sicurezza delle attività offshore nel settore degli idrocarburi iniziato come reazione della Commissione europea all’incidente nel Golfo del Messico (“pozzo Macondo”) dell’aprile 2010.
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