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LA direzione generale del MIBACT ha reso noto le assegnazioni dei contributi per l’annualità 2015, la prima afferente il triennio 2015-2017, in favore degli organismi appartenenti alle varie aree della produzione, della programmazione, dei centri di eccellenza, dei circuiti regionali, dei festival di teatro e danza.

Illusorio, come da quarant’anni, sarebbe entrare nel merito delle logiche di assegnazione. Gelatinosa è l’articolazione con cui la Commissione prosa e la Direzione Generale del MIBACT hanno lavorato, che in moltissimi casi hanno ragionato, non con uno spirito innovativo e libero da legacci politici, ma piuttosto con un pensiero rivolto al consenso e a quanti, con “pizzini”, continuano a sostenere, questo o quell’organismo, a discapito delle regole, della trasparenza e del buon governo.

Il ministro Franceschini ha venduto agli intellettuali italiani e agli operatori dei vari settori dello spettacolo, una merce troppo congelata, che si è sciolta immediatamente.

In che modo verranno premiati, quegli enti locali, che in Italia hanno attuato politiche culturali ed educative per la promozione di aree archeologiche, di siti unici al mondo per beneficiare di eventi di prestigio?
I segnali, caro Franceschini, non sono incoraggianti e le politiche culturali territoriali si impoveriscono sempre più.
Appare del tutto evidente che le regole contenute nel D.M. del MIBACT, ancora una volta non siano riuscite a fotografare il complesso sistema teatrale italiano. Tutta l’architettura di sistema disegnata dalla Direzione Generale è talmente rigida che ad ogni applicazione di regole – criteri, si aprono evidenti crepe che inducono molti Organismi storici a ricorrere al TAR.
La sensazione che si ha dai risultati della suddetta Direzione Generale, guidata da oltre dieci anni dal Dr. Nastasi, è che il sistema di valutazione, oltre a quanto prima detto, proceda per linee rette e proprio non ce la faccia ad immaginare la complessa bellezza delle linee curve.

Chi governa il FUS – si legge nel libro “La Repubblica dei Mandarini” di Bracalini – governa i fondi per la cultura in Italia, un potere enorme!

Già capo di gabinetto del ministro della cultura (Berlusconi IV), da oltre due lustri capo indiscusso del MIBACT, commissario straordinario al Petruzzelli, al Maggio Fiorentino e al San Carlo di Napoli, Nastasi conta su una rete di appoggi trasversali e come sostengono Marco Damilano ed Emiliano Fittipaldi, con il ministro Urbani, ha aumentato stratosfericamente il suo potere.

In definitiva si può affermare che l’impalcatura della riforma appare perversa: se non mi assicuri una certa qualità, io non ti finanzio; ma se tu non mi dai i soldi, come faccio qualità?

Tutto ciò ricorda il paradosso dell’omonimo romanzo antibellico di Joseph Heller: «Chi è pazzo, può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo, non è pazzo».
In altre parole, mi sembra che il decreto che regolamenta il FUS appare costruito con un sistema di trappole, per rendere impossibile la vita dei teatranti, ed operare una selezione mirata, ma dagli oscuri criteri, di chi ha il diritto di restare in vita e di chi deve morire.

Di certo muore il Mezzogiorno d’Italia, che in percentuale, vede ridotto il finanziamento complessivo. In questo modo, è aumentato il divario tra fratelli grandi e fratelli piccoli.

Anche la recente Legge Regionale n.37 del Dicembre 2014 “Norme per la disciplina dello spettacolo dal vivo” appare lacunosa in alcuni aspetti: procedure contraddittorie, indicazioni incomplete per la compilazione delle schede, a dimostrazione che è la burocrazia a dominare un Dipartimento.

Sembra quasi, anche qui, che il vero potere sia nelle procedure, perché servono sempre i tecnici (o il dirigente) che devono indicarti quali sono le procedure e le modalità migliori, per fare quello che vuoi fare. E il tecnico te le può dipingere come vuole, ovvio. Può anche bloccarle, se vuole. Anche la burocrazia locale ha grande potere, che poi è quello realmente diffuso in Italia: il veto.

Ho sempre sostenuto, da queste pagine, anche nella recente intervista al Governatore Pittella sui temi dello sviluppo culturale ed educativo in Basilicata, che appare ineludibile l’assoluto bisogno di dirigenti e funzionari preparati sul piano culturale, e attrezzati su quello tecnico, in grado di stabilire non un rapporto di concorrenza artistica con l’operatore, ma di collaborazione, capace di cogliere il rapporto tra la proposta che esamina ed il territorio, tra il progetto e le linee di intervento dell’Amministrazione, e per verificare la compatibilità tra risorse ed esigenze artistiche, per equilibrare libertà creative ed esigenze burocratiche.

Condividendo questa tesi, credo in definitiva, che il Governatore Pittella abbia tradito questo principio: non servono Bignami stretti in mano, per conoscere se Racine è un deodorante intimo femminile o un drammaturgo, o che Othello non è un menage a trois, o che qualche slide aumenti la buona presenza di professionisti del tramezzino e dello spumantino.

Anche il più sfrenato protezionismo di collocazioni a carriere avrebbe bisogno di un minimo di lucidità ed onestà intellettuale.
Sarei molto curioso di conoscere quali motivazioni e tesi abbia assunto la Regione Basilicata, in occasione delle riunioni della conferenza stato-regioni, per scegliere e condividere quali progetti locali sostenere e segnalare per qualità intrinseca, al MIBACT.
Che considerazioni la Regione tiene in merito alle volontà di Amministratori locali lucani, che hanno tentato – come il Sindaco di Grumento Nova – di dotarsi con altre amministrazioni, di politiche educative comuni e condivisibili, governando la spesa e offrendo opportunità di lavoro a giovani intelligenze dei rispettivi territori, nella logica di assunzioni di responsabilità e di buon governo?
Io voglio inseguire un sogno. Volerlo con tutte le forze. Sentirlo come qualcosa di vivo e necessario.

Questa è una regione alla quale potremmo dare l’immagine di un fiume, che scorre in luoghi diversi, ma che resta in tutto e per tutto simile a quello della fonte: solo un poco più ricco d’acqua per l’apporto dei diversi affluenti e torrenti.

Può essere una buona immagine, quando, proprio il Presidente Pittella nel lontano 1996, in occasione della Giornata Mondiale del Teatro a Venosa, ripresa da Rai 2, annunciò che per potenziare una intelligente politica di sviluppo occorrerebbe legittimare la cultura quale strumento di sviluppo economico.

Sogno, utopia, si diceva: e tale il teatro in Basilicata avrebbe potuto rimanere inseguendo l’idea di una comune cultura.
Oggi aldilà di possibili verifiche ed indagini sulla spesa culturale in Basilicata mi sento di affermare che abbiamo il dovere di favorire il lavoro in comune di quanti hanno donato al Teatro le ragioni delle proprie esistenze. Mi sento di affermare che l’idea o l’utopia, pertanto, appare estremamente reale. Vorrei che si privilegiassero e si proteggessero, senza imbrogli ed omissioni, eccellenze, mestieri e vocazioni, per farle coesistere. A noi non resta che tentare.

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