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DIRE che la Jeep Renegade (+176% a giugno rispetto a 12 mesi fa) traina la corsa di Fca nel mercato europeo delle auto (+17,7) è come dire che uno degli indicatori della crescita nell’area Ue ha la sua spinta propulsiva in Basilicata. Il dato è riportato con ampio risalto dalla Stampa e dal Sole24Ore, come se la notizia da bollettino aziendale debba essere relegata a trovare spazio solo sulla testata “di famiglia” e su quella di riferimento del mondo imprenditoriale. La cifra è invece importante e significativa al di là della collocazione in apertura di pagina. Ma siccome la cronaca gioca dei brutti scherzi, la notizia esce il giorno dopo la diffusione dei dati Istat su famiglie e povertà: in termini macro, gli indigenti sono in calo di 2 milioni però il dato preoccupante è l’aumento della forbice tra nord e sud. Non è il caso di porsi la domanda retorica “a chi credere?” perché i numeri sono numeri e spesso a incrociarli si corre il rischio di mettere lo zucchero nel sugo. Il problema è di percezione: lo ha spiegato sul Quotidiano di oggi Andrea Di Consoli con la solita chiarezza che si direbbe di un economista – solo cifre, zero opinioni – applicata a un osservatore “di prossimità” che racconta ciò che vede con approccio sentimentale. Il ragionamento di Di Consoli è: ciò che si vede nella seconda regione d’Italia per famiglie povere (un quarto di quelle censite dall’istituto di statistica, va peggio solo in Calabria) è, più che povertà, una produttività così piccola da sfuggire alle statistiche ma che produce un welfare diffuso in uno scenario urbanistico e sociale non riproducibile nelle medio-grandi aree metropolitane dove la famiglia monoreddito con spese fisse e figli stenta a rimanere fuori dalla soglia di (nuova) povertà.
L’automobile, dal canto suo, si presta per sua stessa natura ad alimentare il topos dei capitali che fuggono altrove, un po’ come il petrolio che produce ricchezza alle multinazionali e fornisce l’80% del fabbisogno nazionale. «Qui non resta niente» è il mantra da ripetere, con leggera variazione se si parla di Viggiano («Tanti soldi spesi male» o «sprecati»). Renzi, in visita a Melfi a fine maggio, ha gongolato per le auto prodotte qui e vendute negli States contribuendo così a rendere ancora più impalpabile – benché valorizzato e riconosciuto – il frutto del lavoro degli operai lucani.
Il rischio d’impantanarsi nella diatriba sviluppismo-pauperismo è dietro l’angolo ma la via d’uscita è sganciarsi da questa coppia di categorie. Forse, allora, per sanare il dubbio conviene sperimentare e puntare di più su pratiche produttive dal basso in cui l’intermediazione cade: passatismo a parte, sarà la vittoria della lentezza silenziosa contadina contro la sferragliante meccanica dei motori e delle trivelle. E non è detto che non produrrà una ricchezza stavolta percepibile, una bellezza non inquinante. Magari sulla nostra tavola.

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