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LAGONEGRO – È stato condannato a 15 anni e 6 mesi di reclusione Nicola Viceconte (59 anni, residente a Lagonegro) accusato dell’omicidio di Pasquale Di Silvio, il diciannovenne morto accoltellato a seguito di una rissa scoppiata nei pressi di un noto bar del centro cittadino il 19 febbraio 2014.
Lo ha deciso il Gup Salvatore Bloise nel corso dell’udienza preliminare che si è svolta ieri mattina presso l’aula di massima sicurezza del Tribunale di Lagonegro e che si è tenuta con rito abbreviato in seguito all’istanza presentata dai difensori di Viceconte, gli avvocati Felice Lentini e Antonella Latronico. Dopo quattro ore di camera di consiglio Bloise ha dichiarato l’imputato colpevole del reato di omicidio colposo a lui ascritto e ha confermato la prosecuzione della misura cautelare in atto nei suoi confronti (Viceconte è recluso nel carcere di Melfi) negando le attenuanti generiche; e disponendo contestualmente a suo carico l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e quella legale per tutta la durata della pena, oltre al pagamento delle spese processuali, di quelle di costituzione di parte civile e di risarcimento danni la cui stima e liquidazione è stata demandata al giudice civile.
«Una vittoria dal punto di vista della strategia processuale», ha commentato a caldo e a denti stretti Antonella Latronico, ipotizzando che il Gup abbia preso in considerazione il contesto particolarmente violento e accidentale in cui maturò il delitto, accogliendo le tesi della difesa in tal senso e attenuando di conseguenza la posizione del loro assistito. Bisognerà aspettare trenta giorni per saperlo, il tempo necessario alla deposizione della motivazione della sentenza emessa ieri, che in ogni caso pare ribaltare almeno parzialmente l’impostazione indiziaria iniziale imbastita dalla Procura. I legali della famiglia Di Silvio, gli avvocati Antonio Boccia e Antonio Cosentino, avevano ipotizzato una condanna severissima dal momento che Viceconte rischiava addirittura l’ergastolo per l’efferatezza del crimine commesso, se fossero state accettate tutte le aggravanti richieste da accusa e parte civile: al termine della seduta hanno dichiarato di «essere soddisfatti di aver contribuito alla affermazione della giustizia, se pur in un contesto così tragico», senza celare una certa sorpresa per la consistente riduzione di pena concessa da Bloise.
La pubblica accusa, sostenuta dal pm Francesco Greco, aveva chiesto una condanna a trenta anni per Viceconte, senza la concessione delle attenuanti generiche e con l’aggravante dei futili motivi determinati da presunta discriminazione razziale – i Di Silvio, infatti, sono una famiglia di nomadi italiani originari del salernitano e stabilmente residenti in Basilicata, ormai da generazioni, tra Lauria e Lagonegro.
E in un primo momento era sembrato erroneamente che la lite tra le famiglie dei Viceconte e dei Di Silvio, in cui il giovane Pasquale perse la vita, fosse scoppiata proprio per ragioni legate a tale circostanza. Aggravante fermamente contestata dalla difesa e che è stata considerata “non sussistente” dal giudice: gli avvocati e i familiari di Viceconte si sarebbero accontentati anche dello sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato e sono fiduciosi di una ulteriore riduzione in appello. Dove probabilmente vorranno ricorrere anche i genitori della vittima, assolutamente insoddisfatti del pronunciamento di Bloise e dell’esito della sentenza. Il prossimo 6 ottobre è in calendario la prima udienza del procedimento per rissa aggravata a carico di Nicola Viceconte e del figlio Giuseppe e di Nicola e Antonio Di Silvio, il padre e il fratello maggiore di Pasqualino.
Intanto il Gup ha disposto la trasmissione degli atti all’ufficio di Procura per la posizione di Rosario Di Novi, accusato di favoreggiamento dagli inquirenti. Di Novi avrebbe aiutato Nicola Viceconte a occultare l’arma del delitto negli attimi immediatamente successivi alla rissa sfociata in omicidio.
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