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POTENZA – Residenza federiciana con pochi simili, poi quartier generale del brigante Crocco (proprio ieri i 110 anni della morte) e ora punta di diamante del turismo culturale lucano. Burocrazia permettendo. Il castello di Lagopesole, infatti, rischia di trovarsi al centro di un braccio di ferro tra l’Agenzia del Demanio, che ne è proprietaria, e la comunità montana Alto Basento, che dal 2011 gestisce in concessione 700 metri quadrati del castello e quest’anno ha chiamato a curare il museo parlante “Il mondo di Federico II” la Pro-loco di Lagopesole, a costo zero. La notizia, riportata ieri dal Venerdì di Repubblica, è che il direttore generale del Demanio ha avviato un procedimento di decadenza della concessione arrivando a minacciare il cambio di serrature per non consentire l’accesso ai volontari della Pro-loco. Al settimanale allegato a Repubblica, il commissario della Comunità Montana, Rocco Coronato, ha dichiarato che si tratta di «un comportamento assurdo» mentre dal Demanio parlano di un «tentativo di conciliazione in corso». Coronato spera in una risoluzione non dolorosa della vicenda e magari in una rivisitazione dell’affitto.
Il sontuoso maniero è inserito all’interno della Riserva Nazionale Antropologica “Coste Castello” gestita dal Corpo Forestale dello stato, ed è del tutto restaurato. Aperto al pubblico tutto l’anno, sabato e domenica compresi (orario estivo 9,30-13 e 16-19), è meta di tantissimi visitatori dall’Italia e dall’estero. Tra gli eventi da non perdere il corteo storico che in agosto rievoca l’arrivo della multietnica corte dell’imperatore Federico II di Svevia nella roccaforte lucana. Sul sito del castello (castellodilagopesole.com) si legge che la “Castello Società Cooperativa” «costituita nel 1986 da sole donne, con l’obiettivo di fare della valorizzazione del bene culturale Castello una professione, opera ininterrottamente da quella data offrendo una vasta gamma di servizi ai visitatori. La cooperativa è titolare di una concessione, stipulata con il Ministero delle Politiche agricole e forestali – Corpo Forestale dello Stato – Ufficio territoriale per la biodiversità di Potenza, per la gestione dell’ingresso, del centro accoglienza visitatori e per le visite guidate al Castello».
LA STRUTTURA Con il rinvenimento degli Statuta Officiorum del Regno di Sicilia – si legge ancora sul sito –, si può asserire che nel 1242 l’Imperatore Federico II di Svevia dette inizio ai lavori di ampliamento del Castello di Lagopesole, l’ultimo e il più grande delle sue costruzioni. Il castello, costruito su una roccaforte normanna domina tutta la sottostante valle di Vitalba, realizzato in conci di pietra arenaria, conserva ancora oggi la struttura originale. Tenendo presente il suo amore per la caccia e per la natura, Federico II, fece di questo luogo dimora prediletta. I suoi ampi saloni sono caratterizzati dalla presenza di mensole scultoree che reggevano gli archi a sesto acuto, abbelliti inoltre di bifore e monofore. Un vasto rettangolo diviso a sud da una cortina muraria che collega internamente la parte residenziale attraverso un matroneo che si affaccia sulla cappella che conserva il portale originale realizzato forse, da Mele di Stigliano il quale lavorava nei cantieri siciliani di Federico II. Dagli Svevi agli Angioini ai Doria-Pamphili il castello ha subito nel corso dei secoli varie manomissioni.
Sul sito della Pro-loco (prolocolagopesole.it) si rivendica l’importanza di un sito che «continua, ancora oggi, a svolgere quel ruolo di centralità che gli è proprio sin dall’alto medioevo in un territorio che è cerniera tra il potentino e il vulture-melfese». In particolare, l’Antiquarium del castello di Lagopesole, inaugurato nell’autunno del 2000, espone i reperti provenienti dagli scavi archeologici effettuati alla fine degli anni ’90 nel cortile minore in cui venne realizzata una cava, in età sveva, per la costruzione del donjon che si trova al suo interno. Con l’arrivo degli angioini essa si usò come discarica in cui venne gettato tutto il materiale preparato all’interno del cantiere svevo: pezzi di capitelli, costolonature di volte a crociera, cornici e mensole, un rosone in arenaria, frammenti di bassorilievi, enormi quantità di marmi policromi e una splendida scultura di età classica pronta per essere impiegata come protiro o seggio. Quest’ultimo elemento, parte di un sarcofago a tinozza databile al III secolo d.C., raffigura un leone imbrigliato nell’atto di azzannare un’antilope. Nel corso degli anni venne colmata con i rifiuti alimentari che la corte produsse durante il regno di Carlo I, tra il 1266 e il 1281, e colmata, tra il 1288 e il 1315, sia con i rifiuti generati dai brevi soggiorni di Roberto d’Artois e Carlo Martello, sia con la spazzatura prodotta dai preposti alla custodia del palazzo in quegli anni. La discarica di Lagopesole ha restituito ingenti quantità di materiali che consentono di testimoniare la frequentazione del sito.

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