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POTENZA – Per evitare equivoci hanno abbandonato l’auto del genero, in fiamme, all’ingresso del suo podere di campagna a Scanzano Jonico, in contrada Recoleta. Due mesi dopo l’incendio che ha distrutto il chiosco-bar della figlia. Ancora un messaggio indirizzato in carcere, secondo gli investigatori, dove Gerardo Schettino sta finendo di scontare una pena per reati minori. 

Seguono la pista dell’intimidazione i militari della compagnia carabinieri di Pisticci e gli agenti del commissariato di polizia di Scanzano Jonico dopo il furto e la distruzione della Mercedes classe A del marito della figlia dell’ex carabiniere di Scanzano Jonico. Un gesto simbolico, più che una vendetta, partito dagli ambienti del crimine del metapontino, in cui Schettino negli ultimi anni avrebbe assunto un ruolo di primissimo piano. Rompendo equilibri e stringendo nuove alleanze, anche con i clan di Taranto e dell’alto cosentino. 

Martedì notte l’auto è stata rubata e trasportata fino al lotto agricolo del 50enne originario di Viggianello. A due passi da un torrente e da un’area architettonicamente protetta. 

Gli uomini della polizia di Stato c’erano già stati 5 anni fa, quando per ordine del gip di Matera avevano posto i sigilli sulla villetta realizzata, non si sa bene quando e da chi, su quel terreno di proprietà dell’Alsia destinato a colture di pregio. Un’opera completamente abusiva, secondo gli inquirenti, di cento metri quadri coperti, con finiture di pregio e circondata da un giardino dotato di numerose piante ornamentali. Motivo per cui la moglie di Schettino e suo figlio, che ne avevano le chiavi, sono stati denunciati alle autorità.

All’arrivo delle volanti e delle pattuglie dell’Arma la monovolume era già ridotta a una carcassa fumante. Cosa che ha reso difficile la ricerca di elementi per risalire agli autori del gesto: con ogni probabilità almeno due, con un secondo mezzo utilizzato per allontanarsi una volta compiuta l’opera. 

Agli inizi di aprile ad andare in fiamme era stato il locale estivo della figlia dell’ex carabiniere, sul lungomare di Scanzano Jonico. Un episodio che aveva suscitato anche l’allarme di Libera, l’associazione antimafia di Don Ciotti, per cui si sarebbe trattato di «un chiaro segnale della presenza della criminalità organizzata in questa zona, che continua ad operare con le strategie di controllo del territorio».

Schettino a giorni finirà di scontare nel carcere militare “albergo” di Santa Maria Capua Vetere, aperto anche ai servitori dello Stato in congedo, una condanna definitiva per reati quasi bagatellari. Ma resterà detenuto per ordine del gip di Catanzaro con la pesante accusa di narcotraffico. In combutta con i vertici del clan degli zingari di Cassano allo Ionio. Almeno fino a quando gli indizi sul suo conto non arriveranno in Cassazione. 

Di fronte al gip calabrese il “carabinir” aveva respinto ogni addebito ammettendo soltanto la frequentazione con alcuni degli indagati conosciuti quando lavorava in provincia di Cosenza. Come quelli fotografati dalla Guardia di Finaza al matrimonio della figlia, quando sarebbe partita una richiesta di 5 chili di cocaina per la piazza di Scanzano e dintorni. 

Per i militari delle fiamme gialle era lui uno dei migliori clienti del clan. Un uomo di fiducia pronto a entrare in azione anche in situazioni difficili, per osservare i posti di blocco sulla 106 e trovare canali alternativi di rifornimento per i loro spacciatori di Cosenza, Rossano e dintorni.

l.amato@luedi.it

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