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POTENZA – Il regolamento 2014 sull’elezione dei consigli degli ordini circondariali degli avvocati ha violato le espressioni di minoranza.
E’ quello che ha deciso il Tar del Lazio accogliendo il ricorso di alcuni avvocati associati che contestano le modalità con cui si sono svolte le ultime consultazioni per il rinnovo degli organi forensi in diverse province italiane. Inclusa Potenza.
Il risultato è che a breve le toghe del capoluogo lucano, inclusi gli ultimi arrivati dal fu tribunale di Melfi, potrebbero tornare alle urne. Un’eventualità che il presidente dell’Ordine degli avvocati di Potenza, Giampaolo Brienza, non può escludere. Anche se i tempi potrebbero allungarsi non poco.
«La sentenza del Tar del Lazio – spiega Brienza al Quotidiano – non inficia direttamente le elezioni, perché su queste è sempre il Consiglio nazionale forense a dover decidere. Peraltro a breve è previsto anche un incontro col Ministero della giustizia, che è l’autore del regolamento appena dichiarato illegittimo, proprio per decidere il da farsi».
Brienza sottolinea la necessità di uniformare anche i rimedi a questa situazione che si è venuta creare. Perché negli ultimi mesi si sono svolte consultazioni in diverse circoscrizioni, ma non sempre il risultato è stato contestato in maniera tempestiva, come invece è avvenuto a Potenza. Con la conseguenza che ove il Consiglio nazionale forense decidesse di annullare le elezioni non potrebbe intervenire ovunque con lo stesso metro, e si creerebbero enclavi in cui restano in carica organi eletti grazie a una norma dichiarata illegittima.
«Bisogna capire se andrà riscritto un regolamento». Prosegue Brienza. «Fino ad allora noi continuiamo a operare».
A impugnare l’esito delle consultazioni di febbraio per il rinnovo dell’Ordine degli avvocati di Potenza era stato gruppo agguerrito di legali lucani rimasti fuori dal consiglio: Maria Carmela Gioscia, Vittorio Micocci, Luca Lorenzo, Morena Rapolla, Ivana Pipponzi, Maria Sabia, Ameriga Petrucci, Rossella Gallucci, Vincenzina Larocca, e Domenico Laieta.
Stando al loro ricorso per effetto del regolamento appena annullato dal Tar del Lazio non era stato eletto nessun candidato proveniente dal soppresso Ordine di Melfi.
Proprio a causa della possibilità di esprimere 15 preferenze per altrettanti consiglieri da eleggere. Un meccanismo innovativo rispetto a quello preesistente, «già vagliato dalla Corte costituzionale», per cui l’elettore poteva esprimere «al massimo, un numero di voti non superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere, arrotondati per difetto, fermo restando l’obbligo di assegnare almeno un terzo di preferenze al genere meno rappresentato».
«In tal modo col sistema del voto limitato – sostengono ancora gli avvocati potentini rivolti al Consiglio nazionale forense – viene assicurata la possibità, per le minoranze, non solo di genere, di essere adeguatamente rappresentate».
«Ove le operazioni elettorali si fossero tenute nel rispetto della legge – conclude il ricorso – l’esito delle elezioni sarebbe stato sicuramente diverso. Infatti, a mero titolo di esempio, il meccanismo elettorale seguito ha fatto sì che non venisse eletto alcun candidato del soppresso Ordine forense di Melfi».
Molto simile il ragionamento adottato dal Tar del Lazio per cui mentre la legge professionale stabilisce che vengano assicurati sia l’equilibrio di genere che la tutela del pluralismo, nel regolamento appena annullato il secondo sarebbe stato evidentemente sacrificato.

l.amato@luedi.it

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