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Sono comparse scritte sui muri della città capoluogo che offendono il sindaco Dario De Luca. Egli viene chiamato: traditore, voltagabbana (sinonimi) e infame (che sarebbe un effetto del primo comportamento). I miei colleghi potentini mi dicono che non era mai successa una cosa del genere. A memoria si ricorda una scritta contro Postiglione per questioni calcistiche. Non so se in quel caso furono i carabinieri a destare il giovane imprenditore radiofonico (che avrebbe passato ben altri guai) per avvisarlo delle intimidazioni murarie. Posto che di intimidazioni trattasi. Sarebbe più giusto chiamarle danneggiamento pubblico e volgarità. Che non vanno sottovalutate perchè la deligittimazione di una persona alimenta leggende (e Potenza ne sa qualcosa) e perchè dalle offese alle minacce il passo è breve.
Bisogna capire, però, a maggior ragione se tale comportamento è inusuale per una città come Potenza (altrove non sarebbero neppure notizia, tralasciando chi ha fatto delle offese a suo danno una strategia di vittoria, come Salvini) qual è l’animo sociale che le determina.
Potenza è una città cresciuta al riparo, tra l’altro De Luca è un politico anomalo, che vive molto male il protagonismo sociale, è uno che alla festa dei Turchi – ad esempio – si nascondeva tra la folla festante.
Questo però non lo sottrae a un giudizio di responsabilità politica. E veniamo al punto. Di cosa viene accusato De Luca? Di essere un traditore. Se non avessero imbrattato i muri e avessero scritto la stessa cosa sul wall di facebook l’avremmo considerata un’offesa? Sarebbe iniziata un’oregia di commenti. facciamo allora un altro tipo di domanda: l’espressione di voto dei potentini che hanno premiato a stragrande maggioranza Dario De Luca è stata tradita o no? Io penso di sì, e c’è poco da offendersi se non vogliamo essere ipocriti. Perchè quel voto dato al ballottaggio significava che la città voleva svoltare, voleva prendere le distanze da una storia troppo lunga e uguale che non è stata più ritenuta meritevole di fiducia. La legge elettorale certo non aiuta, ma è una scorciatoia il ragionamento che fa il sindaco, cioè che il voto popolare ha scelto un sindaco di destra e un consiglio di sinistra. Questo è solo l’effetto di un meccanismo che, allo stato dell’arte, avrebbe dovuto aiutare il sindaco a uscire con trasparenza dalla palude.
Una palude che dura da molti mesi, con un teatrino (si può dire o è un’offesa?) sulla Giunta (in verità mascherata sulle appartenze da subito), sfiduciata, rimessa in gioco, parcheggiata: cos’è tutto questo se non l’espressione di un’attesa estenuante di qualcosa che dà l’idea di una trattativa di potere e che restituisce al sentire collettivo la convinzione che è in corso il perfezionamento di un accordo che trasforma quello che le urne chiedevano. Il sindaco sostiene: ho il compito di mettere a posto i conti di Potenza, nel nome di questa missione chi non è con me è contro la città. Il ragionamento regge, non regge la spartanzola assessorile nella quale si è infilato con una parte del Pd. Il quale Pd si è a sua volta infilato in un’operazione salvezza capoluogo che avrebbe potuto condurre con una superiorità terza piuttosto che con patti di scambio assessorile. Paradossalmente rimane fuori dall’inciucio quella parte politica che fa capo a Santarsiero che finisce col fare una bella figura. Cioè quelli che dovrebbero essere gli eredi del responsabile del dissesto. Chi non è con De Luca ed è – secondo il suo teorema – contro la città doveva vemire allo scoperto in consiglio comunale. Sui singoli provvedimenti. Non è questa la strada più trasparente? Il pasticiaccio delle nozze scontenta tutti, oltre ad essere tatticamente rischioso in prospettiva, a dirla tutta. A quanti aveva sperato di cambiare pagina, cioè la stragrande maggioranza dei cittadini, andava spiegato con forza, di volta in volta, l’ostruzionismo strumentale che eventualmente sarebbe stato praticato in Consiglio. Su questo, e lo dico benchè sia distante dal suo sentire politico e culturale, ha ragione Gianni Rosa. Nè è condivisibile che il resto del centrodestra che ha aiutato De Luca al ballottaggio (per esempio Cannizzaro) stia a guardare. In pratica siamo giunti a una specie di inversione dell’onere della prova. De Luca chiede che sia quel centrodestra che ha creduto in lui alle elezioni a dimostragli responsabilità. Liddove doveva essere il centrosinistra chiamato a dimostrarlo. Non certo con l’inciucio al quale stiamo assistendo.
La verità è che il clima sociale non è per nulla facile. Gli effetti della dichiarazione del dissesto pesano sulle famiglie. Ne sono testimone diretta: nelle scuole dove c’è la mensa ci sono bambini che tornano a casa per il pranzo e poi vengono riportati in classe. Perchè la retta è troppo alta. C’è una fascia intermedia di cittadini che non è né povera alla fame né agiata. E sono i più. Chi ripaga questi ragazzi dal trauma della differenza? Chi li risarcisce dalla ferita di essere strappati dalla loro comunità di amici? Che cittadini stiamo educando? Rispetto a questo un pubblico amministratore ha il dovere di essere coerente fino in fondo. Casomani anche andandosene. Se è tempo di coesione, così come è opportuno in tempo di guerra, bisogna sforzarsi di garantirla al massimo con leale trasparenza, non cercando di allearsi col più potente che fa magari pesare il fatto di tenere in mano il cordone della borsa.
ale legittimazione può conservare? Insomma, prendiamo le distanze dai danneggiamenti murari, ma dobbiamo ammettere che sono la spia di un momento di grande sbandamento..
l.serino@luedi.it
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