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Liguria verso il centrodestra nel 5-2 che si profila a favore del Pd nelle Regionali, Puglia saldamente nelle mani di Emiliano e Campania a De Luca, in Veneto trionfa la Lega e i grillini sono quasi ovunque il primo partito, benché l’affluenza crolli di 10 punti (sotto il 54%). È la rapida fotografia in cifre sulla domenica elettorale presente in apertura di tutte le prime pagine, una cui quota è occupata dallo sport, tra il miracolo di Toni al Verona (capocannoniere della serie A con Icardi e 22 gol, a 5 giorni dalle 38 candeline spente) e quello di Contador, che vince il Giro d’Italia con coda polemica sul conteggio – qualcosa che ricorda gli scudetti della Juve – e lascia intravedere un futuro radioso per l’italiano Fabio Aru.
La prima analisi del dato politico, coi numeri che si consolideranno nel corso della giornata. Sulla Stampa segnaliamo l’editoriale di Marcello Sorgi («Ora per Renzi governare è più difficile»), un fondo di Michele Brambilla sui due Matteo protagonisti del voto («Uno soffre l’altro ride») e un’intervista proprio a Salvini: «Non siamo più il partito del Nord» commenta il leader del Carroccio.
E in effetti il dato del Veneto, con l’uscente Zaia che doppia la renziana Moretti – per lei il premier si era anche speso in prima persona con un video-selfie in auto – fa riflettere. Così come la rossa Umbria, per lungo in bilico ma comunque col centrosinistra in testa. Toscana e Marche sono saldamente in mano al Pd. Il Messaggero riporta in taglio medio lo sfogo del premier sul “tafazzismo” di Genova, dove il candidato civatiano Postorino ha eroso voti al Pd: «Paghiamo le liti a sinistra – questo il ragionamento del presidente del Consiglio – ma il governo non è a rischio». Tranchant il titolo del Giornale («Schiaffoni a Renzi»), che evidenzia come i voti al Pd in alcune regioni siano scesi sotto il 20%, ovvero la metà di quel 40,8% delle Europee 2014.
Ma finito il tempo dei conteggi, nella coalizione di governo (sarà interessante analizzare la riposta delle urne al Ncd) toccherà rivedere i rapporti di forza: non è un caso che sui giornali di ieri fosse presente con grande evidenza la posizione di Roberto Speranza sul caso De Luca: «Conosco bene Vincenzo – aveva dichiarato sabato all’Ansa il deputato potentino, leader della minoranza pd – e vedere il suo nome accostato all’Antimafia è in totale contraddizione con il suo impegno e con la sua storia che sono stati sempre rivolti al servizio esclusivo della comunità». Un assist contro la Bindi e a favore di Renzi, chiosava ad esempio Repubblica, con i bersaniani a notare come quella dichiarazione avrebbe dovuto farla un segretario di partito, per di più premier. È certo che nel Pd l’esito del voto di ieri accelererà un processo fisiologico di analisi interna, con il rischio del 30% e il bisogno di riflettere sui voti persi a sinistra, tra scontri col sindacato su Jobs Act e riforma della scuola, fino alla rottura per la fiducia messa sull’Italicum.
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