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POTENZA – Gentile presidente Renzi, da imprenditore lucano oltre che da consigliere della Regione Basilicata alla seconda legislatura, ritengo che la sua visita, sia pure velocissima, allo stabilimento Fca di Melfi, non può ridursi ad una serie di selfie e strette di mano con gli operai assunti a tempo determinato, che tra tre anni, a fine contratto, saranno di nuovo senza lavoro. In proposito, non dovrebbe dimenticare che Fiat, nel corso degli anni, ha collocato in cassa integrazione guadagni e in mobilità circa 15mila dipendenti. Un numero di gran lunga superiore ai 1500 posti a tempo determinato realizzati solo per rispondere all’esigenza di Marchionne di produrre a Melfi nuovi modelli di auto, e di gran lunga inferiori alla fortissima domanda di occupazione in Basilicata.
La sua visita deve perciò diventare l’occasione per il governatore Pittella di consegnarle i dati della disoccupazione insieme a quelli che segnano la ripresa della fuga dei cervelli, dei nostri laureati e ricercatori, entrambi sempre più allarmanti per la tenuta sociale e civile dei nostri territori.
Le chiedo perché dopo che il suo governo ha creduto e spinto a favore dell’introduzione del Job Act (assunzioni a tutele crescenti) il management dello stabilimento lucano ha scelto il ricorso all’interinale. L’unica risposta che trovo è perchè più gradito a Marchionne. Nella mia azienda, invece, per quanto mi è possibile compatibilmente con le esigenze produttive, sto utilizzando il Job Act. Mi sia consentito, in proposito, ricordarle che la nuova Fca con la scelta della sede legale ad Amsterdam e quella fiscale a Londra, a differenza degli imprenditori lucani, paga le tasse nel Regno Unito, e con le basi operative a Detroit, a Shanghai, Belo Horizonte – dove nel caso non lo sappia Fca ha già pronte le linee di produzione degli stessi nuovi modelli che si producono a Melfi – oltre alle continue voci di trasferire anche la Ferrari all’estero, non persegue più logiche di interesse per il nostro Paese.
E allora perché si possa rendere conto di cosa significhi fare impresa in Basilicata, la invito ad una visita in Valbasento, simbolo della industrializzazione negata. Ci sono problemi e questioni che in Valbasento si trascinano da troppi anni con l’attività di bonifica dell’area, senza la quale diventa impossibile semplicemente ipotizzare nuove localizzazioni. Il tavolo di confronto Stato – Regione per aggiornare l’Accordo di programma sul petrolio può venire incontro al problema centrale del reperimento delle risorse finanziarie evitando che la bonifica abbia tempi biblici : con i tagli continui ai badget dei ministeri, tra i quali quello dell’Ambiente, e in generale ai programmi di interventi nel Mezzogiorno, operati dal suo Governo, se vogliamo essere realistici, le nostre uniche speranze sono legate al Memorandum e alla riapertura di trattative con l’Eni, che è arrivata nel ‘60 proprio in Val Basento, con la Pozzi a Ferrandina e con l’Anic a Pisticci, con punte di manodopera sino a 5 mila unità, mentre quello che resta adesso non sono altro che “sepolcri” di una industrializzazione fallita.
Lei Presidente raggiungerà Melfi comodamente in elicottero e non potrà rendersi conto personalmente di quello che gli analisti economici chiamano gap infrastrutturale, un tema che abbiamo discusso con Corrado Passera, presidente di Italia unica, solo qualche giorno fa a Matera, per il futuro della Capitale Europea della Cultura 2019 senza collegamento alla rete ferroviaria nazionale. Ebbene in quell’occasione l’analisi di Passera, che condivido in pieno, è stata lucidissima: le responsabilità vanno ben oltre quelle della nuova Amministrazione Comunale che sarà eletta. La Regione ha mancato molto e lo Stato non ha dimostrato grande attenzione. Se ci colleghiamo a grandi progetti, con il ricorso alla cartolarizzazione di parte dei proventi delle royalties per iniziative di alcuni miliardi finalizzate a completare le reti ferroviarie e stradali necessarie, in pochi anni il problema potrebbe essere risolto con benefici enormi per la Basilicata. Bisogna avere, però, una visione di prospettiva, saper usare i proventi del petrolio per investimenti infrastrutturali di lungo periodo. E come la mettiamo invece con la sua decisione di avocare a se ogni competenza e funzione in materia di petrolio? E’ invece proprio la risorsa energetica lucana lo strumento e l’opportunità per programmare sviluppo, nuove imprese e nuova occupazione. Rifletta solo su quali effetti di attrazione e di nuovi investimenti avrebbe il costo energetico e dell’acqua (di cui la nostra regione è macrofornitrice) più basso rispetto ad altre aree del Paese.
Inoltre, a proposito dei nostri giovani laureati e ricercatori che emigrano, prima di andare via da Melfi trovi il tempo per chiedere informazioni al management Fca sul progetto di Campus Tecnologico a Melfi che prevede l’impiego di 20 laureati e 10 diplomati, nonostante nel mese di maggio scorso la giunta regionale ha approvato l’avviso pubblico per la selezione di un progetto esecutivo che avrebbe dovuto dare avvio alla realizzazione di un corso di alta formazione specialistica finalizzato allo sviluppo di competenze distintive sulle nuove tecnologie e metodologie per l’automotive, a meno che Marchionne non abbia deciso di esportare all’estero anche questo piccolo pezzo lucano di ricerca. Un’ultima considerazione da consigliere e dirigente politico che con la propria candidatura e il proprio impegno ha consentito a Pittella di vincere le primarie e quindi di diventare Presidente della nostra Regione: il renzismo dimostri nei fatti di non aver cancellato dall’agenda il Mezzogiorno e di conseguenza la Basilicata, quasi fossero spazi vuoti non riempiti né da un’idea né da una classe dirigente di peso nazionale (…).
*Consigliere regionale Cd e imprenditore
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