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VULTURE – «Un’annata, quella del 2014, da dimenticare.
Non hanno dubbi i castanicoltori del Vulture. La produzione del Vulture-Melfese ha subito un calo sino al’80% di castagne pregiate (il marroncino igp di Melfi) a causa della cinipide.
In previsione della nuova campagna autunnale la Cia di Melfi rinnova la richiesta un confronto con le istituzioni (Comune e Regione) al fine di individuare, per tempo, alcune soluzioni.
Tra le proposte diventate purtroppo “storiche”: «istituire una banca dati di castanicoltori; aprire un tavolo di confronto tra produttori, associazioni di categoria e di prodotto per trovare forme di sostegno ed arginare il mancato guadagno a causa della perdita di produzione che si protrarrà oltre un quinquennio; prevedere nel nuovo Psr forme di aiuto finalizzate alla manutenzione dei castagneti anche per non aggravare danni ambientali e paesaggistici; individuare forme organizzative per l’utilizzo degli scarti come fonti energetiiche attraverso enti come Sviluppo Basilicata con progetti sperimentali di biomasse da sottobosco; infine rinnovare l’ordinanza di divieto di accesso nell’area del Vulture ai non proprietari di castagneti per l’intero periodo di raccolta per stoppare forme di abusivismo».
«Purtroppo – dicono dalla Cia – il Piano messo in campo dalla Regione Basilicata risulta inadeguato ed insufficiente con la previsione lo scorso anno di soli 5 lanci nel Vulture dell’antagonista naturale del cinipide, il Torymus Sinensis . E’ necessario fare molto di più al fine di velocizzare la soluzione del problema che di certo durerà anni, sulla base dell’esperienza di altre Regioni di Italia». E’ il caso di ricordare che i Comuni di Melfi, Barile, Rapolla e Rionero hanno sostenuto il costo di altri lanci per intensificare la lotta al cinipide con il conseguente monitoraggio – anche per i prossimi anni – con l’auspicio che il settore della castanicoltura possa riprendersi velocemente.
«Ecco perché -sottolinea ancora la Cia- siamo ancora più impegnati non solo a promuovere l’agricoltura biologica, ma un’agricoltura che fa del biologico il protocollo di coltivazione per garantire tutela ambientale e valorizzazione dei territori. E’ il ruolo dell’agricoltore custode che da sempre andiamo rivendicando e che vorremo fosse il modello di riferimento almeno per l’Europa».

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