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GRUPPI di cittadini, agricoltori e associazioni di categoria, oltre a sindaci e presidenti delle Province, hanno gremito, ieri mattina, il cortile del Palazzo di Montecitorio, con la riunione del consiglio comunale aperto di Gravina in Puglia (Ba), a simboleggiare le centinaia di Comuni italiani a rischio default in seguito all’entrata in vigore dell’Imu agricola.
Sono già centinaia di migliaia gli euro, sottratti ai già magri bilanci del Comuni classificati come “rurali”, che oggi sono stati trasformati in gabellieri, costretti a tagliare o tassare maggiormente i servizi essenziali ai cittadini, per recuperare il maltolto.
Il tutto, come ha rimarcato ancora una volta ieri Gianni Fabbris, portavoce del Movimento “Riscatto”, per recuperare pochi spiccioli. Sì, perchè pare che il gettito prodotto dall’Imu agricola sia ben lontano dai famigerati 300 milioni di euro che il Governo vorrebbe recuperare.
In altri termini, seppure tutti i Comuni riuuscissero a far pagare tutti (al momento solo un 10% lo ha fatto), non ci si avvicinerebbe neppure a quella cifra.
Quindi, nel corso della manifestazione, è stato ribadito ancora una volta che la legge istitutiva dell’Imu agricolaè totalmente sbagliata e paradossale, assolutamente irriformabile, quindi da abolire immediatamente. Tutti i sindaci del centro-sud presenti ieri, hanno portato la loro testimonianza, con le carte alla mano, per ribadire il concetto, denunciando il rischio imminente di un collasso generalizzato, che poi, ironia della sorte, si riverserebbe come un boomerang proprio sullo Stato. Infatti, sarebbero le casse pubbliche a doversi far carico di centinaia di commissariamenti dei Municipi, con un danno dieci volte superiore al mancato introito dell’Imu agricola.
Mentre in piazza si manifestava e dibatteva, un gruppo di parlamentari lucani, tra cui Cosimo Latronico (FI) e Maria Antezza (Pd), hanno incontrato i rappresentanti del Governo, per far presente la grave situazione in essere. Diversi i sindaci delle aree rurali presenti, sei autobus dalla zona di Puglia e Basilicata, diverse auto e mezzi e delegazioni da Campania,
Lazio, Sicilia, Sardegna annunciate. Ieri sono state consegnate simbolicamente le chiavi delle aziende agricole al Governo.
La giornata è iniziata alle 9, quando una delegazione del Coordinamento
nazionale No-Imu ha incontrato la Presidenza della Camera dei Deputati; a seguire, sempre in Parlamento, l’incontro con i rappresentanti delle forze politiche e dei gruppi parlamentari.
Alle 11 è iniziata l’assemblea con testimonianze, in cui sono entrate le voci e i racconti di quanto sta accadendo nelle campagne italiane e di quanto grandi siano i guasti che la norma dell’Imu sulle terre. Alle 12.30 si è insediato il consiglio comunale aperto del Comune di Gravina con la partecipazione di sindaci, rappresentanti di associazioni, agricoltori e cittadini di diverse regioni italiane per discutere, elaborare ed approvare un documento sulla base di una proposta avanzata dai sindaci lucani e pugliesi e condivisa dal Coordinamento.
La proposta, in pratica, nell’aumentare, in quota percentuale sul fatturato, le tasse già esistenti, in modo da far pagare tutti, seppure meno, producendo il gettito richiesto. Intanto si chiede la moratoria del provvedimento in corso (a partire dalla sospensione della rata del 16 giugno prossimo) e il temporaneo ritorno alla situazione ex ante; l’apertura di un confronto serio per una nuova possibile norma non punitiva delle aziende, dei cittadini e dei comuni che in via di principio si fondi su criteri di equità, sostenibilità e proporzionalità spalmandone, appunto, il costo su una base larga in modo da non pesare solo su alcune aree rurali ristrette e, comunque, faccia salvi alcuni obiettivi fondamentali.
Per la parte delle aziende agricole, si chiede di: garantire le aziende produttive di tutte le aree per cui il terreno agricolo è lo strumento di reddito dell’attività di impresa su cui si pagano già le tasse e non si puo’ tassare due volte la stessa cosa (questa tassa colpisce il valore dei terreni su cui si applica svalorizzandoli e impoverisce, dunque, le dotazioni di impresa di larga parte del patrimonio produttivo del Paese); interventi proporzionati sui terreni agricoli non utilizzati e non messi in produzione o comunque destinati ad un uso non agricolo anche per incentivare il loro uso produttivo. Si tenga conto nelle modulazioni di criteri più aderenti alla realtà di quelli utilizzati irresponsabilmente dalla norma attuale (quindi non i parametri Istat ma, per esempio, il reddito dominicale o agrario), evitando di colpire i numerosissimi pensionati e cassintegrati titolari di piccoli appezzamenti.
Prossime mobilitazioni il 9 e 10 giugno, sempre a Roma, ed il 17, giorno in cui si pronuncerà il Tar del Lazio sui ricorsi presentati.

a.corrado@luedi.it

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