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POTENZA – Faccia pulita, maglioncino azzurro e camicia bianca. Più un borsone con tutto il necessario per una lunga “vacanza”. Di riferire per chi lavorava non ne ha voluto sapere. Ha chiesto soltanto di andare in carcere subito: perchè in Italia non ha una casa e i parenti che vivono a Imola non lo vogliono più ai domiciliari da loro.
Si è presentato così ieri mattina a Potenza Ilir Ulquinaku, il corriere dei narcos albanesi fermato a marzo dell’anno scorso a Marconia di Pisticci, con 12 chili di eroina. Una partita di droga destinata, secondo gli investigatori, al “carabinir” di Scanzano Jonico Gerardo Schettino, e ai suoi amici del clan degli zingari di Cassano.
La Corte d’appello di Potenza ha confermato la condanna a 5 anni e 8 mesi di reclusione per il 39enne d’oltremare. Ma non ha accolto la sua richiesta di andare in carcere, ordinando alla Finanza di verificare «l’ostracismo» dei familiari. Prima di rivalutare la cosa.
L’arresto di Ulquinaku era arrivato al culmine dell’inchiesta Gentlemen condotta dalle Fiamme gialle e dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
Nel mirino c’erano i traffici di droga del clan di Filippo Solimando, policorese ma da tempo residente in Calabria, considerato il boss del “locale” di ‘ndrangheta di Corigliano. Tonnellate di marjuana, come quella sequestrata ad Aprilia, nel 2013, sul camion di Giuseppe Todaro, un autotrasportatore di Policoro. E decine di chili di cocaina dal Sud America ed eroina dall’Olanda e dall’Albania.
L’anno dopo è stato seguendo le tracce del socio di Solimando, Luigi Abbruzzese, e del “carabinir” di Scanzano Jonico Gerardo Schettino che i militari sono arrivati ai corrieri che trasportavano chili e chili di cocaina ed eroina nascosti dentro la carrozzeria di auto all’apparenza perfette.
A marzo del 2014 gli investigatori avevano già messo sotto controllo telefonini e smartphone di Abbruzzese, Schettino e del loro fornitore albanese di eroina. Così sapevano del carico in arrivo con destinazione Scanzano e Corigliano. Per questo si erano preparati a “riceverlo” sul tratto lucano della Ss106. E hanno registrato anche l’allarme scattato all’improvviso quando l’amico lucano del clan si è accorto che qualcosa non andava.
«Schettino, alle 9.47, mandava un sms a Pavone (Antonio, l’uomo che faceva da ponte tra l’ex carabiniere e Luigi Abbruzzese, ndr) col quale chiedeva del corriere e segnalava la presenza di posti di blocco nei pressi del luogo in cui era avvenuto l’arresto di Danilo Ferraro». Altro corriere fermato il mese prima con 2 chili di eroina .
«Alle 10.06, Schettino precisava a Pavone che i finanzieri non avevano fermato nessuna auto sebbene stessero pattugliando le strade».
Una trappola insomma. Solo che a quel punto Ulquinaku non poteva più essere fermato. «Non rispondeva al telefono». Al che Pavone avrebbe aggiornato Abbruzzese, e di rimando sarebbe partito l’ordine a Schettino di verificare se era stato già arrestato.
Schettino avrebbe dovuto effettuare «una sorta di perlustrazione» passando anche «davanti la caserma della Finanza». Poi si sarebbe allungato verso il posto di blocco.
Di fronte agli inquirenti Ulquinaku non ha mai voluto confessare per chi lavorasse.
Per rimediare al sequestro della droga che trasportava nel giro di 4 giorni sarebbe partito dall’Albania un altro corriere, incaricato di prendere a Genova 2 chili di eroina da un uomo di fiducia dell’organizzazione e trasportarla in treno fino a Salerno.
A lui gli zingari di Cassano avrebbero dovuto consegnare subito 4.500 euro per il servizio. Ma le Fiamme gialle lo hanno fermato nel sottopassaggio della Stazione.

l.amato@luedi.it

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