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«IL DISCREDITO alimentato da disinformazione, approssimazione e pregiudizio ferisce questa terra, proprio nei giorni in cui ci presentiamo all’Expo per raccontare al mondo le nostre bellezze»: Marcello Pittella ha deciso di intervenire sul presunto inquinamento della spiaggia di San Basilio via facebook, l’agorà virtuale nella quale il dibattito sta decollando. O meglio stava, fino a ieri.
Facciamo un passo indietro. Dal Berlusconi che mima lo sparo con mitraglietta immaginaria durante una conferenza stampa in Russia a Renzi che twitta contro le critiche da talk-show, la recente comunicazione politica presenta una ricca casistica nei rapporti 2.0 tra Potere e stampa, né è il caso di impantanarvisi. Qui c’è un governatore che, dopo aver in passato accusato la giornalista tv di sparare “cazzate”, stavolta difende – con toni anche aspri in fatto di netiquette e policy da web – il primato non tanto della politica ma degli organi di controllo che, almeno sulla carta, sono terzi e prescindono dall’appartenenza partitica. E cade nella trappola di citare l’Expo, come se nascondere la cenere dei problemi sotto il tappeto rosso del maxi-evento serva a placare la rabbia e sanare i dubbi. Perché, al di là di tutto, la vicenda dei fanghi di Pisticci illumina soprattutto un aspetto importante nella percezione della democrazia e nella partecipazione al dibattito sul diritto alla salute.
Succede che un sito (Basilicata24) segnala sulla foce del Cavone, nella spiaggia di San Basilio, la presenza di fanghi anomali e puzze forse nocive – i termini non sono virgolettati perché si parte da una segnalazione anonima e le definizioni sono dubitative («un odore simile a “un distributore di benzina”»; «da sotto la battigia vengono fuori fanghi neri e con un odore intenso di idrocarburi»; «dentro il mare si è creata una sorta di scogliera fangosa e nera»; «scavando sulle dune poco oltre la battigia vengono alla luce strisce nere sedimentate nel tempo»; «roba nera e col caratteristico odore di idrocarburi») – e, risalendo verso l’interno lungo il corso del fiume, «a un chilometro e mezzo stessa situazione, basta scavare un po’ ed ecco affiorare quella roba nera e puzzolente, in alcuni punti con venature rosso amaranto, esattamente come ci era capitato di documentare lungo il corso del Basento».
Il sito ieri ha rimandato al mittente le richieste di scuse del governatore via fb, nel frattempo una testata nazionale (ilfattoquotidiano.it) aveva ripreso la notizia mentre la Gazzetta di Basilicata, sempre ieri, nella sua edizione cartacea ha corretto il tiro (si tratterebbe di melma o argilla, come anche un geologo ipotizza). Sempre sul sito che aveva sollevato il caso, l’altro ieri era intanto stata riportata la nota in cui l’Arpab parla di «campioni completamente inodori, circostanza che sembrerebbe escludere la presenza eventuale di derivati da idrocarburi». Nella giusta anzi sacrosanta rivendicazione del diritto alla libertà di stampa dopo le parole forti di Pittella («Non sopporto più chi, con un giornalismo ipocrita e superficiale, si adopera per gettare fango, avvelenato questo di certo, su una comunità che chiede verità, giustizia e riscatto. Non sopporto più chi, in nome di un certo ambientalismo, vanifica anche il lavoro e l’impegno di quanti con scrupolo difendono il proprio territorio») si segnala qualche voce isolata sui social (E. A.: «Quella a mare è argilla ma poi si dice che l’acqua ha livelli elevati di sostanze nocive. E questo è un altro paio di maniche. Non è il fango il problema. Ciò non toglie ovviamente che il corso d’acqua sia inquinato ma questo prescinde dai fanghi. Anche perché quella È ARGILLA e la uso da anni e sarei già morto se fosse altro»).Di recente a Potenza è stato presentato uno studio (Urbes) sulla qualità della vita secondo cui la prima causa di morte in Basilicata non è il tumore ma l’infarto (sì, non è il caso di aprire la parentesi sul tempo che un agente invasivo come il petrolio può impiegare prima che la malattia si manifesti), e lo scorso gennaio ha fatto molto discutere quello di un istituto scientifico del Maryland pubblicato su Science e ripreso in prima pagina dai più importanti media, compresi quelli italiani: è il caso, la fatalità il primo fattore di rischio, ben più degli stili di vita o dell’ereditarietà. È un fatto che la letteratura in materia – e di conseguenza le cure – progredirà di pari passo con le conquiste scientifiche e tecnologiche. Allo stesso modo, è comprensibile anche che, proprio in assenza di certezze, un cittadino lucano s’interroghi e mostri cautela davanti a casi come quello di Pisticci. Altra cosa è farne una questione di politica con la P minuscola, il che svilirebbe tutta la faccenda, tanto più che si tratta di uno di quei rarissimi casi in cui la sindrome del “Nimby” (“Non in my back-yard!”, non nel mio cortile) e le credulonerie da scie chimiche non c’entrano: almeno stavolta, le analisi dell’Arpab serviranno proprio a diradare le nebbie. Una fortuna, visto che non sempre le dispute possono essere sanate da cifre e dati messi nero su bianco anche a beneficio degli ayatollah dell’ambientalismo purchessia. Nell’attesa, il web ha continuato e continuerà a ribollire. Il fatto che Marcello Pittella sia un medico è per la gente un’aggravante, per il governatore un elemento che, al contrario, dovrebbe rassicurare i cittadini; e comunque, in un incontro pubblico lo scorso 7 aprile, il presidente ha detto che in un’eventuale consultazione referendaria su petrolio sì – petrolio no, secondo lui le posizioni non favorevoli toccherebbero il 90%, dunque è consapevole dello scarso appeal di cui le estrazioni godono presso i lucani, in modo assolutamente trasversale-orizzontale. Anche adesso non si tira indietro: «Che in Basilicata ci siano emergenze ambientali non è oggetto di negazione. Non mi interessa effettuare operazioni di “rimozione” come qualcuno immagina. Mi interessa solo accertare gli accaduti, monitorare, indagare e raccontare la verità, quella che potrò appurare anche tramite la magistratura». Però, nel suo lungo post dell’altro ieri, non ha certo mostrato l’understatement che gli viene riconosciuto persino da alcuni avversari: «Gli esiti delle analisi di laboratorio effettuate dall’Arpab sui fanghi neri presenti sulla spiaggia di Pisticci saranno resi noti nei prossimi giorni, proviamo tutti fino ad allora e anche dopo ad esercitare correttezza, serietà e responsabilità. Perché se tutto questo allarme dovesse rivelarsi infondato, come ritengo, ci sarà da chiedere scusa ad una comunità intera e alla sua classe imprenditoriale che paga oggi un clamore penalizzante per attività e commerci. Ed io pretenderò quelle scuse».Il problema insomma sembra non essere soltanto il fango-argilla (decidete voi come chiamare quei grumi neri, in attesa dei dati scientifici) ma i preconcetti di chi anche stavolta getta la palla in tribuna facendo della vicenda una guerra tra tifoserie, ad esempio nel dire che anche le agenzie chiamate a controllare non sono attendibili essendo emanazione della Regione. Ecco, forse neanche questo fa onore al lavoro di chi, in maniera diversa da un giornalista ma altrettanto importante per una comunità, cerca di anteporre la ricerca della verità alla dittatura del “si dice”.
e.furia@luedi.it
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