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A Potenza il benessere è certamente più diffuso rispetto a quello di molte altre città del Mezzogiorno, in particolare per quel che riguarda la salute, le relazioni sociali e la qualità dell’aria, ma dal Rapporto Urbes 2015 – basato su 60 indicatori – emergono forti criticità per i servizi per l’infanzia e per l’utilizzo del patrimonio culturale e del trasporto pubblico.
Stamani, in una conferenza stampa, nella Sala dell’Arco del Municipio, il sindaco, Dario De Luca, il dirigente comunale del settore Statistica, Michele Lapenna, e la responsabile della sede territoriale dell’Istat per la Basilicata, Antonella Bianchino, hanno illustrato i dati più significativi del Rapporto che, oltre al capoluogo lucano, ha preso in considerazione altre 28 città italiane.
La vita media (79,6 per gli uomini e 84,5 per le donne) «è aumentata – è stato spiegato ai giornalisti – rispetto al 2004 di 24 mesi per gli uomini e di 18 mesi per le donne, con un’aspettativa di vita leggermente superiore alla media del Mezzogiorno».
A Potenza – che «presenta la maggior dotazione di verde per abitante tra i Comuni capoluogo» – nel periodo analizzato nel Rapporto, «il limite del Pm 10 sulla qualità dell’aria è stato superato in sette occasioni, rispetto a una media nazionale di 44».
In linea con la media nazionale invece i dati relativi agli indicatori di competenza alfabetica e numerica degli studenti, mentre il livello occupazionale, «in calo rispetto al 2007», supera di 4,2 punti la media del Mezzogiorno ma «risulta di ben dieci punti più basso della media nazionale». È poi «significativa la crescita del settore non profit» mentre il reddito disponibile pro capite delle famiglie
(pari a 13.734 euro) «è di poco superiore a quello del Mezzogiorno, ma nettamente inferiore a quello nazionale».
Tra i dati negativi, spiccano quelli sulla quota dei bambini di 0-2 anni che usufruiscono dei servizi per l’infanzia e sul trasporto pubblico, «tra i più bassi» tra quelli presi in considerazione, e «di gran lunga inferiore alla media nazionale».
Il patrimonio culturale della città (musei, siti archeologici, monumenti, biblioteche pubbliche», oltre «a essere meno diffuso di quanto rilevato a livello regionale, nazionale e e meridionale, risulta anche essere meno utilizzato». (ANSA).
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