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«Se avessi “caricato” in terapia intensiva la cartella medica della paziente, forse questo processo non si sarebbe svolto».
Ha chiesto di concludere così la sua testimonianza, oggi nel tribunale di Potenza, Giuseppe Pittella, direttore dell’unità operativa di Cardioanestesia e Rianimazione Cardiologica dell’ospedale San Carlo, nell’ambito del processo per la morte di Elisa Presta, la paziente di 71 anni deceduta nel 2013 durante un intervento per la sostituzione di una valvola aortica.
Il medico, rispondendo alle domande dei giudici, ha spiegato che la paziente è arrivata in condizioni «molto gravi» nella terapia intensiva, ma ancora viva (rispetto alle ipotesi dell’accusa, secondo cui la donna sarebbe invece morta già in sala operatoria).
Per Pittella, lo stato della donna era grave, e il lasso di tempo tra l’arrivo nella terapia intensiva e il decesso sarebbe stato brevissimo, e solo per una questione «burocratica» la cartella clinica sarebbe stata «caricata», ovvero compilata e inserita nell’archivio dell’azienda ospedaliera, da altri: «Forse abbiamo sbagliato a non caricarla noi – ha evidenziato il medico – ma si tratta di una mera
questione di compilazione, e di pochi minuti, e non pensavo poi di trovarmi davanti ai giudici a dover giustificare questo passaggio, ma questa è la verità».
Il processo (con rito immediato) a carico di tre medici dell’ospedale San Carlo coinvolti nell’inchiesta con l’accusa di omicidio colposo e falso, è cominciato lo scorso febbraio: la prossima udienza, secondo il calendario fissato dal giudice Lucio Setola, si svolgerà il prossimo 26 maggio.
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